La sindaca sotto accusa

Sabato 20 Aprile 2019
IL CASO
ROMA Lo scontro è ormai quotidiano con il M5S che attacca la Lega sulla vicenda Siri e questi ultimi che replicano accusando la Raggi e promettendo di sfilare dal decreto crescita le norme sul debito di Roma. Nella costante gara a dividersi, Di Maio e Salvini hanno ormai toccato vette che sarà molto complicato ridiscendere dopo il 26 maggio. A Salvini il salva-Roma non convince perché il sindaco di Roma non dà nessuna reale prospettiva di sviluppo della città e quindi, aggiunge in serata «non sarà nel decreto crescita» perchè «noi stiamo lavorando a un decreto crescita e non credo ci debbano essere comuni di seria A e di serie B».
IL CONTROLLO
Malgrado nel 2008 anche la Lega votò con il governo Berlusconi l'istituzione di una gestione commissariale del debito della Capitale addossandolo in parte a tutti i contribuenti, Salvini non è più dell'idea ed attacca la Raggi perché è «un sindaco che, se di sua voce dice a un suo collaboratore non ho il controllo della città...auguri». È probabile che «dal contratto di governo si sia già passati al contratto di divorzio», come sostiene l'azzurra Anna Maria Bernini, ma Salvini mette subito le mani avanti dicendo che «il governo durerà altri 4 mesi». Ops, si corregge subito, «altri 4 anni!», ma - sempre secondo il leader della Lega - non si debbono essere comuni di serie A e di serie B».
Il fatto che Salvini abbia smentito l'intenzione di far saltare il governo, è musica per le orecchie dei grillini che non hanno alcuna voglia di tornare al voto, pur sperando di tenere le norme sul debito di Roma nel decreto crescita che martedì prossimo dovrebbe essere varato dal consiglio dei ministri. Un decreto, quello sulla crescita, in teoria già licenziato salvo intese, ma che nel frattempo è diventato quasi un milleproroghe. Ovvero un testo omnibus che contiene, oltre alle norme destinate alle imprese e agli investimenti, una serie di capitoli vari. Oltre al salva Roma, le norme sui presunti truffati delle banche e i meccanismi per salvare nuovamente Alitalia. Un testo, quindi, che dovrà essere ancora rivisto e sul quale il presidente del Consiglio Giuseppe Conte ha lavorato anche ieri.
Ciò non toglie che nello scontro - tutto legato a faccende giudiziarie - è Roma ad andarci di mezzo. Lo dice chiaramente il vicepresidente della Camera Fabio Rampelli secondo il quale «equiparare Roma a tutti gli altri comuni italiani significa che conserva un chiaro pregiudizio antiromano».

LA COINCIDENZA
Resta il fatto che per i grillini, come sostiene Francesco Silvestri, «Salvini sta alzando un polverone su Roma solo per nascondere mediaticamente l'inchiesta per corruzione che coinvolge Siri». Non c'è dubbio che la coincidenza tra le due inchieste aiuta e alimenta lo scontro, ma per vedere se il governo c'è ancora occorrerà attendere il consiglio dei ministri di martedì prossimo. Al presidente del Consiglio spetta l'arduo compito di tenere assieme le due anime della maggioranza che in soli pochi mesi hanno certificato quanto sia impossibile tenere in vita un governo sulla base di un contratto firmato davanti ad un notaio.
Dalla sua Conte ha però un'arma non da poco. Ovvero la scarsa propensione alla crisi di governo sia della Lega che del M5S. I primi temono crisi al buio che rischia di spingerli nuovamente nelle braccia del centrodestra dove Silvio Berlusconi ha - malgrado tutto - ancora un suo peso. Per i grillini significa arrendersi alla prova di governo affrontata con scarsi mezzi e altrettanto poverissime professionalità. Meglio quindi una sorta di scambio tra il salva-Roma e il salva-Siri. Ammesso però che dalle carte della magistratura non esca altro.
Marco Conti
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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