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LA GIORNATA
ROMA Il grafico contenuto nel piano vaccinale dell'Italia ipotizzava

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Domenica 24 Gennaio 2021
LA GIORNATA
ROMA Il grafico contenuto nel piano vaccinale dell'Italia ipotizzava di avere a disposizione 28,2 milioni di dosi di vaccino entro il 31 marzo. Si contavano anche i 2,3 milioni di Curevac, il cui prodotto è però in ritardo. Ma anche limitandosi ai vaccini che già vengono somministrati in molti Paesi del mondo - Pfizer-BioNTech, Moderna e AstraZeneca - in Italia nel primo trimestre ne sarebbero dovuti arrivare 25,9 milioni. Invece, se va bene, ne avremo 10 milioni di dosi, 15 secondo le previsioni del commissario Domenico Arcuri. Il ritardo non potrà essere recuperato e la protezione di almeno il 70 per cento degli italiani (l'immunità di gregge) non sarà raggiunta a ottobre, come previsto, ma all'inizio del 2022. Sempre che eventuali nuove varianti non impongano una nuova campagna con un prodotto adattato e modificato.
RITARDI
C'è anche chi è più pessimista, come l'assessore alla Salute del Lazio, Alessio D'Amato: «Se non avremo in tempi rapidi anche Johnson&Johnson - altro vaccino in fase di sperimentazione, che sarà esaminato da Ema tra un mese e mezzo e per il quale l'Italia ha prenotato 53 milioni di dosi -, limitandosi solo a Pfizer, Moderna e AstraZeneca, a giugno avremo vaccinato solo operatori sanitari e ultraottantenni, perché dubito che otterremo più di 12 milioni di dosi. Bisogna accelerare sul vaccino italiano in sperimentazione allo Spallanzani, ma anche guardare ad altri prodotti già sul mercato». La proposta, nel vertice di ieri sera tra i ministri Boccia e Speranza, il commissario Arcuri e i rappresentanti delle Regioni, è stata rilanciata da Luca Zaia (Veneto) - il primo a formularla qualche giorno fa - e dallo stesso D'Amato: andiamo ad acquistare i vaccini russo (Sputnik 5) e cinesi, sollecitiamo Ema perché li valuti e li autorizzi rapidamente, in modo da avere una più ampia scelta. Il ministro Speranza ha invece sottolineato la necessità di puntare anche sul vaccino italiano di ReiThera, ma la sperimentazione finirà solo dopo l'estate.
L'Unione europea ha convocato per domani AstraZeneca per chiedere chiarimenti, ma al momento i numeri a disposizione sono poco incoraggianti. Moderna invierà 65mia dosi domani, Pfizer 455mila (invece di 530mila) nei prossimi giorni (privilegiando quelle Regioni penalizzate dai precedenti tagli). AstraZeneca si è impegnata (sempre se il 29 gennaio ci sarà l'autorizzazione di Ema) a tre invii: 15 e 28 febbraio e 15 marzo, per un totale di 3,4 milioni di dosi. Il piano vaccinale andrà riscritto, anche se l'Italia, a differenza ad esempio della Francia (i tagli riguardano tutta l'Europa), ha deciso di rispettare i tempi della seconda dose che va somministrata a 21 giorni dalla prima. Questo porterà a un rallentamento delle prime dosi e farà slittare la protezione degli ultraottantenni (4,3 milioni in Italia), la categoria che dovrebbe seguire gli operatori sanitari e le Rsa nella gerarchia del piano vaccinale. C'è una variabile: l'ipotesi che Ema autorizzi sì il 29 gennaio AstraZeneca, ma accogliendo solo i dati della sperimentazione per i meno anziani. In questo caso il vaccino potrà essere somministrato soltanto a chi ha meno di 55 anni. A quel punto le prime forniture andrebbero a personale scolastico e a quello delle forze dell'ordine.
SIRINGHE
Dai centri vaccinali di alcune regioni sono stati segnalati problemi perché mancano le siringhe di precisione. Arcuri ha replicato: non è vero, semplicemente ne abbiamo distribuite di meno perché meno sono i vaccini che Pfizer sta spedendo. Il presidente del consiglio superiore di sanità, Franco Locatelli, ha confermato: «Sarà necessario rimodulare la campagna di vaccinazione». Il grafico del piano ipotizzava, per metà del terzo trimestre di quest'anno, che il 70-80 per cento degli italiani fosse vaccinata. Se come prevede D'Amato (che però non tiene conto della variabile Johnson&Johnson) a giugno avremo vaccinato solo 6-7 milioni di persone, quel traguardo verrà raggiunto nel 2022. Intanto, in Israele stanno vaccinando coloro che hanno tra i 16 e i 18 anni e hanno protetto, quanto meno con la prima dose, il 39,6 per cento della popolazione. Il Regno Unito è vicino al 10 per cento. L'Italia è al 2,1.
Mauro Evangelisti
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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