L'importante è che ci sia il 2. Ovvero che il Pd, il nuovo Pd di Nicola Zingaretti,

Domenica 26 Maggio 2019
L'importante è che ci sia il 2. Ovvero che il Pd, il nuovo Pd di Nicola Zingaretti, arrivi al 20%. Sotto questa soglia per i dem ci sono il dirupo e forse un'altra scissione, al centro. Superato questo scoglio, che sembra tutt'altro che impossibile, per il governatore del Lazio la partita diventa interessante. «O meglio - come ripete spesso ai suoi collaboratori - significa che il Pd è ancora vivo e siamo in gioco». Zingaretti ha dato uno scrollone a un albero che sembrava rinsecchito. Prima è stato incoronato da primarie partecipate (oltre 1, 6 milioni di persone) poi ha lavorato a una lista unitaria dove convivono Carlo Calenda e Giuliano Pisapia. In questa fase ha puntato, anche per inclinazione personale, a non cercare polemiche pur di «tenere dentro tutti». Al momento, questo nuovo Pd ha fatto da polo d'attrazione nei confronti della sinistra bersaniana e dalemiana uscita dal partito ai tempi di Matteo Renzi e ora di nuovo all'uscio. Il tema di fondo di questo Pd è il rapporto con il M5S. E su questo Zingaretti è netto: in caso di crisi nessun accordo con i grillini in Parlamento. Discorso diverso se ci fosse un voto anticipato. Allora un'alleanza, con i dem azionisti di maggioranza, con i grillini senza Di Maio potrebbe non essere un'ipotesi da scartare. Anzi. Ma solo dopo nuove elezioni. Quelle che potrebbero segnare anche la mossa di Matteo Renzi. L'ex premier e segretario continua a essere molto attivo, ma senza sparare sul quartier generale. Questo voto chiarirà le idee a tutti. In un partito difficile da gestire dove le sacche di potere territoriali sono complicate da gestire (caso Marini in Umbria).
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