L'ANNUNCIO
VENEZIA «Il nostro problema non è fare il lockdown, ma usare

Mercoledì 21 Ottobre 2020
L'ANNUNCIO VENEZIA «Il nostro problema non è fare il lockdown, ma usare
L'ANNUNCIO
VENEZIA «Il nostro problema non è fare il lockdown, ma usare la mascherina. Anche perché col coronavirus non ce la sfanghiamo in qualche settimana, arriveremo a maggio». Così il governatore del Veneto, Luca Zaia, che ieri ha presentato un nuovo piano di sanità pubblica in vista di una emergenza che tutti temono e sperano che non si avveri. «Non siamo catastrofisti, ma ogni giorno ha la sua pena», dice Zaia. Si tratta di una sorta di prontuario di immediata lettura anche per i profani, così che tutti sappiano cosa succederà man mano che aumenteranno i ricoveri in terapia intensiva.
Ma Zaia, fino all'altro giorno, non aveva detto che in Veneto non c'era emergenza sanitaria? Il governatore lo sostiene ancora leggendo i dati del bollettino, con il 96% di asintomatici tra chi è a casa in quarantena, anche se adesso i posti letti occupati in rianimazione sono saliti a 66, di cui 56 Covid. Quel che preme al governatore è far capire ai veneti che solo rispettando le regole - distanziamento e mascherina - si potrà evitare l'esplosione dei contagi e, di conseguenza, l'occupazione dei posti letto in ospedale. Di qui il piano che prevede cinque fasce, dalla verde alla rossa, e per ogni fascia c'è una conseguenza, dalla sospensione delle visite specialistiche programmate al blocco totale degli interi ospedali. «Abbiamo già aperto i dieci ospedali Covid e abbiano pronti i 740 posti letti nei cinque ospedali riattivati». Però la gente più che altro ha paura che si chiuda di nuovo tutto: c'è questo rischio? Zaia scuote la testa: «Il nostro problema non è fare il lockdown, ma usare la mascherina. Anche perché col coronavirus non ce la sfanghiamo in qualche settimana, arriveremo a maggio». «È un piano sanitario, oggi in Veneto all'orizzonte non c'è nessun pensiero di lockdown o di coprifuoco», conferma l'assessore Manuela Lanzarin.
GLI STEP
Firmato dal direttore generale della Sanità Domenico Mantoan e approvato dal Comitato tecnico scientifico, il piano - illustrato da Zaia con il coordinatore del settore emergenza-urgenza Paolo Rosi e il tecnico di Azienda Zero Paolo Fattori - prevede cinque step. Ma prima va fatta una premessa sui numeri: in tempi di pace il Veneto ha una disponibilità di 494 posti in rianimazione, aumentati a 825 la scorsa primavera. Ora si può arrivare a 1.016.
Prima fase, verde: da 0 a 50 posti letti occupati in terapia intensiva; per la sanità non cambia niente, se ci sono malati di Covid da ricoverare si usano i normali ospedali spoke (quelli medi) o hub (quelli punti di riferimento provinciale, come l'Angelo a Mestre) senza sconvolgere i reparti. Seconda fase, azzurra, da 51 a 150 posti letto, è quella in cui ci troviamo adesso: il piano prevede l'attivazione di posti letto aggiuntivi negli ospedali hub e spoke e l'attivazione parziale di posti di terapia intensiva del Centro Regionale Urgenza Emergenza; si riorganizza l'attività ordinaria con eventuale sospensione (o ritardo) dell'attività programmata. Una cataratta da operare? Una protesi all'anca? Si aspetta. Terza fase, gialla, quella cui il Veneto sta andando incontro, da 151 a 250 posti letto di terapia intensiva occupati; vengono attivati i Covid Hospital, ad esempio Dolo, Jesolo, Schiavonia, dove viene ridotta l'attività ordinaria. Chi aveva una visita o una operazione prenotata in quell'ospedale, se la può mettere via, anche le urgenze vengono trasferite in altri nosocomi. Quarta fase, arancione, da 251 a 400 ricoverati in rianimazione, per i letti si utilizzano anche le sale operatorie dei Covid Hospital, scatta la parziale riduzione di atttività negli ospedali spoke. Quinta fase, rossa, più di 400 ricoverati: è il blocco totale, vengono garantite solo le emergenze e soltanto negli hub.
I COSTI
«Se i cittadini non ci danno una mano con la mascherina, alla fine li incontreremo sulla porta dell'ospedale - dice Zaia - Emergenza Covid vuol dire impossibilità di curare gli altri cittadini». Attualmente il rapporto tra ricoverati in terapia intensiva e ricoverati nei reparti non gravi è di 1 a 6. «Oggi - ha aggiunto Rosi facendo proprio «l'accorato appello» di Zaia perché tutti usino le mascherine - non c'è il problema di trovare posti in rianimazione, ma di preservare l'attività ordinaria». E se si superassero i 100 posti letto? «Sarebbe uno scenario di guerra, come se bombardassero gli ospedali», dice Zaia che rassicura sulla dotazione di attrezzature, costate finora circa 300 milioni di euro: «Abbiamo tutto in magazzino, respiratori, letti, mascherine. Abbiamo 17 milioni di Ffp2. E guanti, che adesso si fatica a trovare». Il problema, semmai, sono i medici.
Alda Vanzan
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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