L'ALLARME
VENEZIA Ha visto l'acqua salire, inesorabile, nel nartece della Basilica di San Marco. Centimetro dopo centimetro, superare, ieri mattina, abbondantemente il mezzo metro. E in serata sarà oltre un metro. Sommergere le basi delle colonne bizantine appena restaurate. Lambire anche cappella Zen, salvata solo dalle pompe che sputavano getti d'acqua salata. A quel punto Pierpaolo Campostrini, procuratore di San Marco con delega ai servizi tecnici, non ce l'ha più fatta, ha voluto far vedere lo scempio anche a chi, a Roma, ha in mano il futuro di Venezia. Ha scattato una foto del suo nartece, ancora una volta violato, e l'ha mandata alla ministra alle infrastrutture, Paola De Micheli, che proprio in questi giorni dovrebbe decidere le nomine del Mose per far ripartire il cantiere della grande opera. Foto emblematica, con i marmi bizantini a mollo in quella marea che corrode storia e arte, con tanto di faccina che piange. «Basta! - si sfoga Campostrini - Il tempo non è una variabile indipendente! Le cose vanno fatte. Il problema dell'acqua alta va risolto e in questa generazione».
LE RASSICURAZIONI DA ROMA
E nel pomeriggio una prima risposta da Roma arriva. Non sul Mose, ma almeno sui fondi che Procuratorie e Soprintendenza avevano chiesto per far fronte ai danni causati dalle acque alte. Due milioni e sette, aveva calcolato la stessa Procuratoria all'indomani dell'acqua alta del 30 ottobre dell'anno scorso, quando la marea a quota 156 centimetri, oltre che il nartece, aveva raggiunto anche il cuore della Basilica. Soldi da spendere non solo per riparare i danni, ma anche in diagnostica, per capire quando stia soffrendo San Marco, e in nuove opere di prevenzione.
Ebbene, ieri il ministro dei beni culturali Dario Franceschini ha assicurato che questi soldi arriveranno: «Attendiamo gli esiti del sopralluogo degli ispettori del ministero, che avverrà non appena l'attuale fenomeno di acqua alta sarà terminato, ma siamo pronti a finanziare quanto richiesto lo scorso anno dalla Soprintendenza per la tutela della Basilica di San Marco». Mentre gli uffici hanno contattato Procuratoria e Soprintendenza per fissare il sopralluogo. Potrebbe essere già domani.
UN LAVORO INCOMPLETO
Ieri mattina, con la marea a 127-130 centimetri, Venezia si è ritrovata sommersa per metà dei suoi percorsi. Ancor peggiori le previsioni per la serata: inizialmente era prevista una punta di marea massima tra i 140 e i 145 centimetri, ma già alle 20.30 è stata rivista tra i 155 e i 160. Poco prima delle 22 un ulteriore aggiornamento dava previsioni apocalittiche: 170 centimetri ieri alle 23. La seconda acqua più alta dal 1923 dopo i 194 centimetri del 1966. Mentre il Mose langue. I cantieri sono in stallo, ormai da mesi si attendono le nomine di provveditore alle opere pubbliche e super commissario. De Micheli le aveva promesse entro la fine della settimana scorsa. «Noi ce la mettiamo tutta per salvare la Basilica - commenta Campostrini - Da aprile è in funzione un sistema di valvole e pompe che tiene all'asciutto il nartece dalle acque fino a 85-88 centimetri. Quest'estate ci siamo salvati da tante maree che gli anni scorsi sarebbero entrate. Ma a quote più alte l'acqua entra. E stamattina (ieri, ndr.) ha raggiunto questi livelli. Non possiamo abituarci a tutto questo. É intollerabile! Il Mose deve entrare in funzione per le maree più alte. E per quelle intermedie vanno completate anche le opere di rialzo della città, che sono al 70%. L'intero Piazza San Marco va impermeabilizzata, ma a che punto è il progetto? Vorremmo saperlo. Tutto va troppo a rilento!». Un grido di dolore, quello di Campostrini. Ieri mattina, con gli stivali alla coscia, a muoversi sui mosaici allagati, c'erano anche il proto di San Marco, Mario Piana, e le tante maestranze che si occupano di questo gioiello d'arte bizantina. Da chi spazzava i pavimenti antichi con l'acqua dolce, ai restauratori impegnati a rimettere in sesto le colonne corrose dall'acqua del nartece. «Le basi di queste colonnine le abbiamo appena sostituite e ora sono sott'acqua - mostra Camporistini - è la prima volta che gli capita! Sono di marmo verde di Tessalonica. La cava è esaurita. Queste sono le nostre ultime riserve».
LO SFOGO CON I TURISTI
Fuori della Basilica, in Piazzetta i turisti si radunano, scattano foto, guardano divertiti. A un certo punto è lo stesso Campostrini a sbottare: «Questo non è un bel giorno per noi veneziani. Non abbiamo piacere di avere turisti in questo momento». Lo dice in inglese, per farsi capire. I sorrisi si smorzano. Qualcuno se ne va, ma altri sono pronti ad arrivare, mentre l'acqua inizia la sua discesa. Alle 13 anche Basilica e Campanile riaprono alle visite in una giornata che torna (quasi) normale. In realtà non è affatto finita. In serata nuova emergenza da fronteggiare. Di turno, con le maestranze, c'è il proto Piana. E stamattina di replica.
Roberta Brunetti
© RIPRODUZIONE RISERVATA
© RIPRODUZIONE RISERVATA VENEZIA Ha visto l'acqua salire, inesorabile, nel nartece della Basilica di San Marco. Centimetro dopo centimetro, superare, ieri mattina, abbondantemente il mezzo metro. E in serata sarà oltre un metro. Sommergere le basi delle colonne bizantine appena restaurate. Lambire anche cappella Zen, salvata solo dalle pompe che sputavano getti d'acqua salata. A quel punto Pierpaolo Campostrini, procuratore di San Marco con delega ai servizi tecnici, non ce l'ha più fatta, ha voluto far vedere lo scempio anche a chi, a Roma, ha in mano il futuro di Venezia. Ha scattato una foto del suo nartece, ancora una volta violato, e l'ha mandata alla ministra alle infrastrutture, Paola De Micheli, che proprio in questi giorni dovrebbe decidere le nomine del Mose per far ripartire il cantiere della grande opera. Foto emblematica, con i marmi bizantini a mollo in quella marea che corrode storia e arte, con tanto di faccina che piange. «Basta! - si sfoga Campostrini - Il tempo non è una variabile indipendente! Le cose vanno fatte. Il problema dell'acqua alta va risolto e in questa generazione».
LE RASSICURAZIONI DA ROMA
E nel pomeriggio una prima risposta da Roma arriva. Non sul Mose, ma almeno sui fondi che Procuratorie e Soprintendenza avevano chiesto per far fronte ai danni causati dalle acque alte. Due milioni e sette, aveva calcolato la stessa Procuratoria all'indomani dell'acqua alta del 30 ottobre dell'anno scorso, quando la marea a quota 156 centimetri, oltre che il nartece, aveva raggiunto anche il cuore della Basilica. Soldi da spendere non solo per riparare i danni, ma anche in diagnostica, per capire quando stia soffrendo San Marco, e in nuove opere di prevenzione.
Ebbene, ieri il ministro dei beni culturali Dario Franceschini ha assicurato che questi soldi arriveranno: «Attendiamo gli esiti del sopralluogo degli ispettori del ministero, che avverrà non appena l'attuale fenomeno di acqua alta sarà terminato, ma siamo pronti a finanziare quanto richiesto lo scorso anno dalla Soprintendenza per la tutela della Basilica di San Marco». Mentre gli uffici hanno contattato Procuratoria e Soprintendenza per fissare il sopralluogo. Potrebbe essere già domani.
UN LAVORO INCOMPLETO
Ieri mattina, con la marea a 127-130 centimetri, Venezia si è ritrovata sommersa per metà dei suoi percorsi. Ancor peggiori le previsioni per la serata: inizialmente era prevista una punta di marea massima tra i 140 e i 145 centimetri, ma già alle 20.30 è stata rivista tra i 155 e i 160. Poco prima delle 22 un ulteriore aggiornamento dava previsioni apocalittiche: 170 centimetri ieri alle 23. La seconda acqua più alta dal 1923 dopo i 194 centimetri del 1966. Mentre il Mose langue. I cantieri sono in stallo, ormai da mesi si attendono le nomine di provveditore alle opere pubbliche e super commissario. De Micheli le aveva promesse entro la fine della settimana scorsa. «Noi ce la mettiamo tutta per salvare la Basilica - commenta Campostrini - Da aprile è in funzione un sistema di valvole e pompe che tiene all'asciutto il nartece dalle acque fino a 85-88 centimetri. Quest'estate ci siamo salvati da tante maree che gli anni scorsi sarebbero entrate. Ma a quote più alte l'acqua entra. E stamattina (ieri, ndr.) ha raggiunto questi livelli. Non possiamo abituarci a tutto questo. É intollerabile! Il Mose deve entrare in funzione per le maree più alte. E per quelle intermedie vanno completate anche le opere di rialzo della città, che sono al 70%. L'intero Piazza San Marco va impermeabilizzata, ma a che punto è il progetto? Vorremmo saperlo. Tutto va troppo a rilento!». Un grido di dolore, quello di Campostrini. Ieri mattina, con gli stivali alla coscia, a muoversi sui mosaici allagati, c'erano anche il proto di San Marco, Mario Piana, e le tante maestranze che si occupano di questo gioiello d'arte bizantina. Da chi spazzava i pavimenti antichi con l'acqua dolce, ai restauratori impegnati a rimettere in sesto le colonne corrose dall'acqua del nartece. «Le basi di queste colonnine le abbiamo appena sostituite e ora sono sott'acqua - mostra Camporistini - è la prima volta che gli capita! Sono di marmo verde di Tessalonica. La cava è esaurita. Queste sono le nostre ultime riserve».
LO SFOGO CON I TURISTI
Fuori della Basilica, in Piazzetta i turisti si radunano, scattano foto, guardano divertiti. A un certo punto è lo stesso Campostrini a sbottare: «Questo non è un bel giorno per noi veneziani. Non abbiamo piacere di avere turisti in questo momento». Lo dice in inglese, per farsi capire. I sorrisi si smorzano. Qualcuno se ne va, ma altri sono pronti ad arrivare, mentre l'acqua inizia la sua discesa. Alle 13 anche Basilica e Campanile riaprono alle visite in una giornata che torna (quasi) normale. In realtà non è affatto finita. In serata nuova emergenza da fronteggiare. Di turno, con le maestranze, c'è il proto Piana. E stamattina di replica.
Roberta Brunetti
© RIPRODUZIONE RISERVATA