I NUOVI MURI
TRIESTE Austria e Slovenia, ma più remotamente anche la Croazia,

Sabato 14 Marzo 2020
I NUOVI MURI TRIESTE Austria e Slovenia, ma più remotamente anche la Croazia,
I NUOVI MURI
TRIESTE Austria e Slovenia, ma più remotamente anche la Croazia, richiudono sulle ali del Coronavirus quei confini che l'Europa di Schengen aveva faticosamente abbattuto. Non si passa in 47 valichi italo-austriaci e nemmeno in quelli principali con la Slovenia, che blocca i Tir e gli autocarri di peso superiore a 35 quintali provenienti dall'Italia, tranne quelli sloveni o con destinazione interna a questo Paese e con carico deperibile. In auto, invece, si passa dopo la misurazione della febbre. Quanto ai confini minori, il Governo di Lubiana passa alle spicce: grossi massi posizionati di traverso di fronte ad eventuali velleità di passaggi clandestini. Così al Passo del Predil, in alta Val Resia o sul Carso. Atroce, sul piano psicologico, la rete apposta dagli sloveni in piazza della Transalpina a Gorizia, ossia nel luogo-simbolo che rappresentò il primo punto europeo di apertura dei confini. Pare tuttavia che diversi goriziani passassero proprio da quel varco, dopo il divieto di uscire e di aprire i bar, per abbeverarsi alla sera nel vicino esercizio pubblico sloveno.
LE FAMIGLIE
Bloccate o rallentate fortemente le decine di migliaia di lavoratori transfrontalieri che quotidianamente passavano di qua in Italia per lavorare e la sera tornavano di là in Slovenia o Croazia per rincasare. In seria difficoltà le decine e decine di famiglie della Val Canale che da anni hanno eletto residenza in Carinzia pur lavorando nel Tarvisiano e che ora si ritrovano oltre il nuovo muro confinario di Coccau, che resta tuttavia formalmente transitabile (a chi dimostri uno stato eccellente di salute rispetto al virus) assieme al Brennero, Passo Resia e Prato Drava.
Le misure di Vienna e Lubiana, formalmente non di blocco confinario, aggirano in realtà il Trattato di Schengen e sono state adottate senza condivisione né con l'Europa, la cui Commissione si è infatti espressa negativamente («Blocchi come quelli messi in atto hanno creato file chilometriche e sono «assolutamente controproducenti perché potrebbero ostacolare la consegna di materiale medico o il rientro degli autisti nel proprio Paese d'origine», ha detto la commissaria Ue per gli Affari interni, Ylva Johansson), né con Roma. Ma soprattutto sono strangolati i trasporti commerciali che dall'Italia puntano all'Est proprio attraverso la Slovenia via Trieste e Gorizia, come sottolinea con preoccupazione il sindaco isontino Rodolfo Ziberna non meno di Confindustria, Conftrasporto e Confcommercio. Ieri a Fernetti-Sesana, sopra Trieste, una fiumana di almeno 450 Tir che tentavano l'ingresso in Slovenia si misurava in svariati chilometri. E sempre a Fernetti 101 ucraini lavoratori stagionali a fine contratto in Italia sono stati bloccati sui loro due pullman dalle autorità slovene nella terra di nessuno fra i due Paesi.
Ora un possibile ma tortuoso e lungo by-pass è praticabile attraverso l'Austria verso Ungheria, Cechia, Slovacchia e Polonia, tuttavia le lungaggini dei controlli sanitari alla frontiera sono capaci di scoraggiare anche i più intrepidi. Ora anche Budapest annuncia serrate, mentre gli sloveni si giustificano con le lunghe code degli ultimissimi giorni al confine con la Croazia, il cui filtro dei Tir è diventato a sua volta qualcosa di simile a un nuovo muro.
LA REAZIONE
Da parte sua la Farnesina invoca misure attenuate sui Tir e assicura che sono in corso assidui contatti con Lubiana per superare il severo garbuglio. Una dura reazione, con tanto di lettera proprio al ministro degli Esteri Luigi Di Maio, arriva dal presidente del Friuli Venezia Giulia Massimiliano Fedriga: «Assumere iniziative unilaterali e divisive, specie in presenza di una pandemia con pesanti riflessi di carattere economico e occupazionale, appare irresponsabile e scorretto nei confronti di un intero Paese, l'Italia, ma anche di una regione quale il Friuli Venezia Giulia, che hanno sempre coltivato un rapporto leale e pienamente collaborativo con i Balcani». Frattanto proprio la stessa Austria che serra le maglie dei confini sancisce l'adozione del modello difensivo italiano dal virus, stabilendo con il cancelliere Sebastian Kurz la chiusura di scuole e negozi eccettuati alimentari, farmacie, banche, poste e poco altro. Inoltre a partire dal prossimo lunedì ristoranti e bar potranno tenere aperto soltanto fino alle 15.
Nel caso sloveno, si tratta di una ferrea tutela sanitaria che tuttavia provocherà danni importanti anche all'economia interna: niente più trasfertisti del pieno di benzina a prezzo conveniente, niente stecche di sigarette, niente spesa italiana nei supermercati. E un taglio al numeroso popolo dei giocatori d'azzardo che affollavano accaniti i numerosi casinò a ridosso della vecchia frontiera. Sono milioni di euro al giorno. Non va benissimo neppure all'economia locale carinziana nelle aree più prossime all'Italia. Qui, però, l'emblema dei mancati guadagni induce a una situazione anche comica: a decidere di chiudere a Hohenthurn è la direzione del Wellcum. Il più grande bordello d'Austria, che prima della serrata definitiva per corona-virus aveva già dimezzato le ragazze in servizio, normalmente attorno a 140. Il fatto è che i clienti italiani provenienti da tutto il Nordest, ossia la stragrande maggioranza dei frequentatori, non si vedono più. E così si mette male almeno in questa fase - anche per i diversi dipendenti italiani della nota casa di piacere addetti ai servizi di ricevimento, ristorazione e accoglienza alberghiera annessi alla struttura.
Maurizio Bait
© RIPRODUZIONE RISERVATA
© RIPRODUZIONE RISERVATA

PIEMME

CONCESSIONARIA DI PUBBLICITÁ

www.piemmemedia.it
Per la pubblicità su questo sito, contattaci