Da rottamati a rottamatori, sempre loro D'Alema, Mastella e i reduci di Cossiga

Sabato 16 Gennaio 2021
IL REVIVAL
ROMA Già il «ci vogliono fare fessi» è una frase che rimanda al passato da Prima Repubblica e che rispunta, sorprendentemente ma anche no, in questa fase di tale confusione che ci si attacca ai fondamentali dell'arte politica tra cui la democristianeria spicca su tutti.
Clemente Mastella ridiventato star, anche se il vecchio De Mita non se ne capacita e dei democristiani di nuovo in campo ne apprezza soprattutto uno, Sergio Mattarella che in politica lo portò lui, è quello che ha rispolverato in queste ore il «responsabili sì, fessi no»: ovvero in politica nulla è gratis e se Conte vuole aiuto deve dare cammello (riconoscimenti e posti). E colpisce questo revival di centrismo Salva Conte sulle ceneri della neo-politica che pensava di essersi emancipata da tutto e invece no, perché racconta del flop della rottamazione.
Per cui De Mita a cui Renzi voleva dare una lezione di nuovismo istituzionale, duellando con lui in tivvù al tempo della riforma della Costituzione su cui Matteo sarebbe stato battuto al referendum, si toglie ora la soddisfazione riservatamente di dire: «Renzi ha sbagliato i tempi e i modi della crisi di governo. Si é rivelato poco capace». Mentre sempre De Mita loda, un po', Conte: «Quando venne ad Avellino il 19 ottobre 2019, per la cerimonia in onore del grande democristiano Fiorentino Sullo, mi sembrò apprezzabile».
Si va avanti guardando indietro, ecco, in questa crisi di governo forse risolta all'insegna del vecchio pragmatismo. E segna il plateale fallimento della rottamazione - la vera sconfitta di Renzi è questa - il processo che si è innescato. Per cui quelli del passato, di ogni colore e partito, da D'Alema a Mastella, da Bersani a Castagnetti («Ma avete letto l'ultimo tweet di Castegnetti? Occhio, quello parla dicendo le cose di Mattarella!» e la memoria torna al Ppi di cui il buon Castagnetti è stato segretario) mostrano di essere ancora a loro modo in campo e danno giudizi, influenzano, smuovono.
PANTERE GRIGIE
La gerontopolitica ex Pci e ex Dc si diverte a guidare quella classe dirigente che doveva sostituirla e invece pende dalle sue labbra. Anche quando non dovrebbe. Come in questo caso. «Siamo ancora attaccati agli umori e alle direttive di un vecchio segretario della Fgci anni 70 amicissimo e consigliere di Zingaretti - si lamentano al Nazareno - che da casa propria detta linee e strategie. Non è un po' troppo?». Lo è di sicuro.
Non però nel caso di Bruno Tabacci. Figura di buona razza Dc, viene inseguito da Di Maio («Scusa, ti devo parlare. Hai un attimo?»), organizza la prospettiva possibile di un contismo politico che guardi avanti ma non dimentichi la tradizione italiana (e Conte lo sta a sentire eccome) e in questo rimescolamento dei tempi fa impressione vedere che, mentre si organizzano i responsabili pro-premier, c'è chi lo fa rispolverando il cattolicesimo politico novecentesco. E lo stesso Conte ripete, come disse ad Avellino nel 2019: «Ci vorrebbe non una Democrazia Cristiana ma una democrazia per i cristiani, secondo la felice espressione di Pietro Scoppola». Che è stato un grandissimo intellettuale e politico cattolico. E viene da rimpiangerlo, infatti è rimpianto. «Il passato - dice Gianfranco Rotondi, che viene dalla Dc - si sta prendendo la sua giusta rivincita sul presente perché sa guardare perfettamente al futuro».
«Sarò vecchio, ma se Renzi avesse seguito i miei consigli, ossia di non esagerare con l'Ego, ora avrebbe vinto e invece ha perso». Parola di Bersani. E Conte: «D'Alema va ascoltato sempre e io lo faccio». Il centrismo e il primorepubblichismo sono arrivati in soccorso della neo-politica e questa non sembra affatto fare la schizzinosa. Anzi, si adegua. A un socialista come Nencini, che in Senato detiene il simbolo Psi, che cosa dare nel Conte bis bis o ter? Forse gli Esteri, ma magari il ministero dell'Agricoltura. E a Cesa, uddiccino cioè vetero-democristiano? Il dicastero della Famiglia sarebbe pronto per lui se fa il salto della quaglia dal centrodestra al contismo, oppure si accomodi, se vuole, al posto del giovane Provenzano sulla poltrona del Mezzogiorno.
L'ONESTO ZAC
I rottamati hanno rottamato la rottamazione, questo è. Anche con spietatezza, tipicamente dalemiana: «Ah, Renzi, il politico più impopolare d'Italia che vuole fare fuori quello l più popolare di tutti». E visto che Matteo non ci è riuscito, il vecchio Max che aveva giusto è subissato dalle tivvù che lo invitano dappertutto, ma lui non ha bisogno di visibilità perché è tornato ad avercela senza sforzo. Ieri erano tutti a chiedersi: «Lo avete sentito Pisanu? Davvero aderisce al partito di Conte?». Sì, Beppe Pisanu, che prima di diventare pezzo grosso del berlusconismo trionfante e poi abbandonato fu allievo e collaboratore dell'«onesto Zac» (Zaccagnini, segretario Dc. Do you remember?). Per non dire di Gianni Letta. Classe 1935, a lui si affidano tutti, anche Conte, per salvare il salvabile e per trovare un modo per cui il berlusconismo, che comunque resta un fenomeno novecentesco e non millennial, possa rivivere e rilanciarsi nella nuova stagione staccandosi da Salvini. «Ma Letta è andato in Francia da Berlusconi, per chiedergli di non sabotare anzi di aiutare l'operazione responsabili oppure non ci è andato», così nei giorni scorsi ci si chiedeva nel palazzo della direzione del Pd. E quando dici responsabili, pensi più che a Scilipoti a Cossiga e ai suoi «straccioni di Valmy», a quel manipolo di governisti che rese possibile dopo la caduta di Prodi il governo di D'Alema. La storia è circolare, si sa, ed eccone una riprova.
Mario Ajello
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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