Covid, in Veneto il record dei contagi: oltre 3mila

Lunedì 7 Dicembre 2020
IL BOLLETTINO
VENEZIA È il Veneto a registrare in tutta Italia il negativo record di contagi da coronavirus: nelle ultime ventiquattr'ore ci sono stati 3.059 casi, più della Lombardia (2.413), più della Puglia (1.789), più dell'Emilia Romagna (1.788). La tendenza comunque è in calo, se si considera che tra venerdì e sabato i casi di positività erano stati 3.638.
Va detto che il numero complessivo dei decessi per Covid-19 ha superato in Italia i 60.000, ma se questo dato dà la misura della serietà della situazione è anche vero che nelle ultime due settimane si sta assistendo a un lieve miglioramento, con una riduzione dei casi del 3% al giorno. Si tratta comunque di numeri ancora alti. Secondo i dati del ministero della Salute sono stati 18.887 in 24 ore i nuovi casi di coronavirus e nello stesso periodo si sono registrati 564 decessi, che portano a 60.078 il numero complessivo delle persone morte in Italia a causa di Covid-19 dall'inizio dell'emergenza. I guariti o dimessi sono 17.186. Torna a salire dello 0,8% il rapporto fra i 18.887 casi positivi e i 163.550 tamponi eseguiti, che arriva così all'11,5%.
LE LIMITAZIONI
Sono dati che descrivono «una situazione da seguire con attenzione», osserva il fisico Giorgio Parisi, dell'Università Sapienza di Roma. «In generale la situazione è complessivamente in via di miglioramento, i casi stanno diminuendo del 20% circa a settimana, pari al 3% al giorno. Ogni giorno, quindi, c'è un piccolo miglioramento. Se continua così, ossia se le misure di contenimento restano costanti, fra un mese potremmo avere circa il 40% dei casi attuali e cominciare ad alleggerire il carico per gli ospedali». Tuttavia, aggiunge, «poiché adesso sono state rilassate le misure, bisogna vedere se non si tornerà invece a una risalita dei casi. Se questo dovesse accadere, bisognerà chiudere di nuovo». Sono quindi opportune, secondo Parisi, le misure introdotte per Natale e Capodanno: «Sono necessarie». A raccomandare di evitare di muoversi durante le feste natalizie è la virologa Ilaria Capua, direttrice del centro One Health' dell'università della Florida: «Muoiono tutti i giorni migliaia di persone e, sinceramente, non è un problema se per un anno nella vita non si può fare il cenone», ha detto nella trasmissione L'aria di domenica de La 7.
LA PREOCCUPAZIONE
Preoccupa però la terza ondata del virus prevista a gennaio, a ridosso dalla riapertura delle scuole, che rischia di partire quando la seconda non sarà ancora esaurita e su una base di positivi troppo estesa. Il super esperto Anthony Fauci per gli Stati Uniti ha detto che i primi mesi del 2021 saranno quelli più difficili.
Quando il 14 settembre ripresero le lezioni, in Italia si viaggiava a 1.200 nuovi casi al giorno e c'erano in tutto, nel Paese, meno di 40 mila persone positive. Numeri così inferiori a quelli di oggi sono stati sufficienti a fare esplodere il contagio, sia a causa dell'inizio delle lezioni sia per altri fattori. Se la discesa manterrà i ritmi attuali, arriveremo al 7 gennaio con una base di partenza ben differente, quanto meno dieci volte più vasta. Inoltre, le feste natalizie, per quanto caratterizzate da limitazioni, avranno inevitabilmente un effetto sul contagio. A gennaio rischiamo dunque una tempesta peggiore di quella di novembre?
Dice il professor Massimo Andreoni, primario di Malattie infettiva al Policlinico Tor Vergata di Roma e direttore scientifico di Simit (Società Italiana di Malattie Infettive e Tropicali): «Abbiamo imparato che per contenere l'epidemia non dobbiamo permettere che i casi diventino troppi. Bisognava decidere le misure di contenimento prima, abbiamo atteso troppo e ora è più complicato scendere. Arriveremo a Natale con 5.000-10.000 casi al giorno, un rischio enorme se poi il 7 gennaio riapriremo le scuole. Anche perché le feste stesse saranno una fase pericolosa». C'è il rischio che, dopo Natale, saremo costretti a nuovi provvedimenti? «Secondo me - dice Andreoni - è sbagliato darsi un programma, ma è giusto invece intervenire tempestivamente quando vediamo che il contagio riparte. L'epidemia va fermata quando siamo quanto meno a 5mila casi giornalieri, ma ora siamo lontanissimi da quel traguardo». Coincide l'analisi del presidente della Fondazione Gimbe, Nino Cartabellotta, che da inizio pandemia analizza costantemente i numeri: «Sta scendendo la curva della seconda ondata, ma a gennaio si innescherà la terza partendo da numeri altissimi, che causerà una nuova saturazione degli ospedali. E ci sarà la coincidenza con il picco dell'influenza». Riusciremo a riaprire le scuole, il 7 gennaio, se davvero vedremo partire la terza ondata? «Dipenderà - replica Cartabellotta - dal numero di casi attualmente positivi che avremo in quel periodo. I casi attivi oggi sono 750mila. Se non diminuiscono sensibilmente, fino ad arrivare a 100mila, sarà impossibile anche fare il tracciamento. La parte peggiore del tunnel sarà tra l'inizio di gennaio e la fine di febbraio, perché prima della primavera non sarà materialmente possibile vaccinare un numero consistente di italiani».
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