Casalesi a Eraclea, il boss al sindaco: «Senza noi terroni non ce la facevi»

Giovedì 16 Luglio 2020
Casalesi a Eraclea, il boss al sindaco: «Senza noi terroni non ce la facevi»
IL PROCESSO
MESTRE «Fortuna che ci siamo stati noi terroni, se no col cavolo che diventavi sindaco!»
Luciano Donadio si sarebbe rivolto così, nel 2016, all'avvocato Mirco Mestre, da poco risultato vincitore alle elezioni amministrative di Eraclea grazie ai voti procurati dal presunto boss dei casalesi, e ora imputato di voto di scambio al processo sulle presunte infiltrazioni della camorra nel Veneto orientale. L'episodio sarebbe avvenuto in centro ad Eraclea, di fronte al centro Snai, gestito dal figlio di Donadio, Adriano: a riferirlo è stato Bernardino Notarfracesco, uno degli uomini di fiducia di Donadio, ascoltato ieri in aula bunker in qualità di imputato in reato connesso, in quanto è sotto accusa nel processo parallelo, celebrato con rito abbreviato.
Il quarantunenne originario di Salerno, ora in carcere a Lanciano, ha raccontato che fu Giacomo Fabozzi (che ieri si è avvalso della facoltà di non rispondere) ad introdurlo a Donadio perché era in cerca di lavoro. Quindi si prestò a diventare amministratore di facciata della ditta di costruzioni Enjoy (dopo che la precedente testa di legno, Valentino Piezzo, se n'era andato) per 1300 euro al mese, e successivamente di un'altra società, la Plus service, utilizzate per effettuare assunzioni fittizie ed emettere false fatture.
L'ISPEZIONE ANTICIPATA
Notarfrancesco ha ricordato che in un'occasione Donadio venne a sapere in anticipo di una visita dell'Ispettorato del lavoro alla Enjoy e diede disposizioni affinché gli ispettori trovassero tutto a norma.
Il quarantunenne si prestava anche ad accompagnare il boss dove vi era necessità di spalleggiarlo per minacce e intimidazioni e ha riferito la sera in cui si recarono, anche assieme a Fabozzi, dall'ex broker Fabio Gaiatto poiché fuori della sua abitazioni si erano radunati un centinaio di creditori infuriati dopo aver scoperto di aver perso tutti i loro risparmi. Mentre Donadio entrava nell'abitazione, Notarfrancesco ha riferito di essersi fermato all'eterno per cercare di convincere i creditori ad andarsene.
Un altro episodio riferito da Notarfrancesco riguarda Luciano Maritan, nipote del boss del Sandonatese Silvano, al quale ha raccontato di aver prestato 9mila euro che Luciano tardava a restituire. Dopo molte insistenze, Maritan si presentò lasciandogli in pegno un'Audi A6 che però risultò essere di proprietà di un'altra persona e fu necessario l'intervento di Donadio per comporre la lite ed evitare il peggio.
IL PENTITO
Sul ruolo di Donadio è interessante la deposizione resa del palermitano Girolamo Arena che ha deciso di collaborare con gli inquirenti e verrà ascoltato in aula questa mattina. Ieri i pm Roberto Terzo e Federica Baccaglini hanno messo a disposizione delle difese il verbale dell'interrogatorio sostenuto lo scorso 9 luglio nel corso del quale ha raccontato che, tra la fine del 2018 e l'inizio del 2019 arrivò ad Eraclea un casalese appartenente ad una diversa famiglia criminale che aveva necessità di effettuare un recupero crediti consistente, di 5-600 mila euro, e si rivolse a Donadio affinché se ne occupasse, »in quanto era il referente del clan dei casalesi per il territorio», ha spiegato al Tribunale presieduto da Stefano Manduzio.
Arena ha riferito anche un episodio che risale al 2013, quando finì in carcere per un furto di rame nel cantiere del Mose, di cui Donadio era stato messo a conoscenza. Ciò nonostante il boss dei casalesi si sarebbe limitato ad occuparsi delle spese legali di Arena, senza provvedere al mantenimento della moglie, contravvenendo alle regole del clan. Di ciò Arena si lamentò in carcere con un altro detenuto, Bruno Lprete, della ndrina degli Arena di Capo Rizzuto, il quale scrisse una lettera di protesta a Donadio (fatta recapitare attraverso la moglie) e il boss di Eraclea si mise subito in riga, scusandosi e mettendosi a disposizione della famiglia di Arena.
Gianluca Amadori
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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