Nel Veneziano il virus è in "ritardo": il picco atteso alla vigilia di Natale

Giovedì 10 Dicembre 2020 di Nicola Munaro
Nel Veneziano il virus è in "ritardo": il picco atteso alla vigilia di Natale

L’EMERGENZA
VENEZIA Il Natale? Con ogni probabilità sul pianoro del virus, cioè quel lasso di tempo nel quale i contagi sono ancora alti ma decrescono giorno per giorno e rappresentano il viatico alla discesa. Il picco? Tra una decina di giorni, quindi proprio a inizio della settimana che porta al 25 dicembre. E il contagio zero? Più o meno a Carnevale, quest’anno anticipato a fine gennaio con la Pasqua il 4 aprile.
Tutto questo - come confermato ieri anche dalla cabina di regia della Regione Veneto - il Veneziano è in ritardo rispetto alla tabella di marcia dell’andamento del coronavirus sia a livello nazionale sia a livello regionale. Nell’area metropolitana di Venezia, infatti i contagi hanno un andamento difficile da decifrare e a giorni di relativa calma seguono ore di angoscia nelle quali i numeri diventano la peggior lettura possibile di uno scenario che - andata com’è andata questa seconda ondata - ha ricalcato a pieno la pandemia della febbre spagnola di inizio Novecento.
LE CARATTERISTICHE 
«Timido incremento». Così ieri mattina il presidente del Veneto, Luca Zaia, ha descritto la situazione della realtà veneziana, inserita in quadro regionale «di parte alta delle curve» con realtà in discesa a differenza di quanto si vede nel Veneziano.
Come mai? La risposta non è una sola e può arrivare solo se incrociata con tutta una serie di diversi altri fattori. Tra questi a giocare un ruolo fondamentale, è la realtà di crocevia che rappresenta l’area metropolitana di Venezia con un porto e un aeroporto di dimensioni internazionali: chiaro che con il passaggio di più persone si alzi la possibilità di circolazione del virus e quindi di contagio. 
Un altro aspetto da tenere in considerazione è la distribuzione territoriale dell’ex provincia di Venezia, nella quale sono in pochi i comuni con un numero ridotto di residenti. La caratteristica di un territorio ad alta vocazione urbana e molto legato a città e centri con un alto numero di abitanti fa sì che il virus continui il proprio giro rallentando il rientro della curva, che ci sarà ma lentamente.
LO SCENARIO
Picco iniziale, discesa, contagi quasi spariti e poi un altra risalita rapida fino ad un massimo ben superiore a quanto visto in primavera. Fin qui l’andamento della pandemia Covid-19 è sovrapponibile a quanto accaduto nelle pandemie influenzali del 1918-1919, la Spagnola, e nella pandemia 1957-1958, l’Asiatica. In pratica è successo quello che ipotizzava il secondo degli scenari previsto in estate da alcuni scienziati, quando il ritorno del coronavirus era una prospettiva certa ma di cui non si conosceva l’identità. «Ora che siamo nel mezzo, possiamo dire che si è verificato questo scenario» aveva commentato il direttore generale dell’Ulss 3, Giuseppe Dal Ben.
Se il Covid-19 si comporterà a tutti gli effetti come la Spagnola e la febbre Asiatica lo si potrà dire solamente dall’andamento del pianoro e della discesa. Nelle due pandemie del ventesimo secolo la fase di stasi del contagio (ci sono nuovi positivi, ma decrescono) è stata relativamente breve con una ritirata vertiginosa quanto la seconda risalita. Fasi posi seguite nei mesi successivi da nuovi picchi via-via sempre più lievi fino a scomparire.
LE FESTE
Che il Veneziano fosse in ritardo sull’andamento, lo si era capito dal saliscendi dei contagi: troppo irregolari i numeri tanto che la stessa Ulss 3 Serenissima aveva confermato che il territorio fosse ancora al di sotto del pianoro sul quale si era già adagiato il resto del Veneto. Posizione che il Veneziano avrebbe raggiunto a dicembre. Sì, ma quando? È proprio analizzando l’andamento dei numeri e della Spagnola che si può dire come il picco sia nei prossimi dieci giorni: a Natale ci saranno nuovi contagi, ma in decrescita. E per fine gennaio si potrebbe tirare un sospiro di sollievo.
Nicola Munaro
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Ultimo aggiornamento: 08:34 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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