VENEZIA - Cinque anni dopo era ancora al suo posto. Arresti, condanne, misure cautelari, espulsioni, accompagnamenti coatti al centro per il rimpatrio: tutto inutile, Koubyb Bkhairia, 23enne tunisino, era riuscito a infilarsi tra le maglie larghe della burocrazia per ritornare esattamente al punto di partenza.
L'ARRESTO
La polizia locale di Venezia l’ha arrestato martedì sera per l’ennesima volta: tra Mestre e Marghera, dalla vigilia di Natale, c’è stata una lunga serie di aggressioni, regolamenti di conti e accoltellamenti con protagonisti un gruppo di tunisini violenti.
Il prefetto di Venezia Darco Pellos, nell’ultimo Cosp, l’ha detto chiaro e forte: la priorità deve essere individuare tutti i coinvolti in questi episodi di violenza per poi allontanarli. Ed effettivamente, questa volta per Bkhairia la procedura si è chiusa in tempi record: arrestato martedì sera, processato ieri mattina e ieri pomeriggio trasferito al cpr di Ponte Galeria (Roma) in attesa dell’espulsione. Sarà la volta buona? Rispetto al 2019, in campo ci sono altre forze politiche e altre sensibilità sul tema dei rimpatri e la speranza di tutti (prefettura, forze dell’ordine e, ovviamente, cittadini) è che questo basti a non vederlo più per le strade della città.
IL PRECEDENTE
La storia di Bkhairia era diventata un caso cinque anni fa, quando era ancora 18enne. Nel novembre del 2019 era stato arrestato e condannato due volte in cinque giorni. Nella prima sentenza il giudice gli aveva imposto il divieto di dimora a Venezia, che lui aveva violato subito dopo. Per cosa? La Polfer gli aveva stretto le manette ai polsi per aver preso a calci un 16enne mestrino per rubargli 20 euro. Poi, non contento, aveva urlato ai poliziotti: «Vi rubo le pistole e vi sparo come ha fatto il colombiano a Trieste». Con il riferimento, esplicito, alla tragedia che il mese prima aveva sconvolto la questura giuliana, quando il dominicano Alejandro Augusto Stephan Meran aveva ucciso gli agenti Pierluigi Rotta e Matteo Demengo sparando una ventina di colpi con le pistole di ordinanza tolte ai poliziotti durante l’arresto.
Un vizio, quello delle minacce alle forze di polizia, che il giovane tunisino non ha perso negli anni: ai vigili, l’altra sera, ha urlato «se vi trovo senza divisa vi ammazzo, vi stacco la testa». Ma torniamo al 2019: Pochi giorni dopo altro arresto della polizia locale, che lo trovano a picchiare un altro straniero, e altra sentenza, unita questa volta all’immediata espulsione attraverso un Cpr. Ma Koubyb Bkhairia non era salito su nessun aereo diretto in Tunisia.
L’INGHIPPO
Il giovane, infatti, era stato destinato al cpr di Torino, ma per rinchiudere il soggetto al centro di espulsione è necessaria una certificazione medica che ne attesti uno stato di salute compatibile. «Non lo può fare il medico del carcere perché il soggetto non è più un detenuto, non lo può fare il medico della Polizia, non lo può fare il Pronto soccorso. - aveva scritto all’epoca in un post su Facebook il comandante generale della polizia locale di Venezia, Marco Agostini - Serve un medico legale che è disponibile solo l’indomani mattina».
Il cpr di Torino inoltre accoglie gli ospiti solo dalle 8 alle 20, ma il processo per direttissima Venezia si era concluso poco dopo le 13 e per farlo uscire dal carcere di Santa Maggiore era necessaria qualche ora per le ultime pratiche. Fuori tempo massimo, quindi, per arrivare in tempo nella struttura piemontese. Poiché non è consentito trattenere qualcuno per inghippi burocratici, dunque, era saltato il trasferimento ed era stata notificato al giovane nordafricano il decreto di espulsione con l’ordine di lasciare il paese entro una settimana. Ordine che Bkhairia, evidentemente, finora aveva sempre ignorato.