VENEZIA - Fu licenziata dal Casinò di Venezia per un ammanco di circa 90 euro nel novembre 2019, un anno dopo il Tribunale aveva stabilito che quel provvedimento era illegittimo, condannando la casa da gioco a reintegrare la dipendente nel proprio posto di lavoro e a risarcire il danno subito.
IL FATTO
Rosanna Zanon era stata licenziata con la contestazione di di aver nascosto un ammanco di cassa di 50 euro, realizzato nel mese di luglio 2018, nonché sottratto, nel successivo mese di ottobre (dalla cassa e dell'apposito contenitore) alcune modeste somme di denaro destinato alle mance. Il difensore della lavoratrice, l'avvocato Leonello Azzarini, aveva immediatamente impugnato il licenziamento, lamentando innanzitutto la mancata tempestività della contestazione disciplinare e l'eccessiva pesantezza della sanzione, alla luce dell'entità non grave del comportamento. Ma soprattutto contestando l'illegittimo utilizzo dei filmati relativi all'attività della dipendente, in servizio alla cassa slot, in base ai quali il Casinò aveva raccolto evidenze in merito all'illecito commesso. Tali filmati -per la difesa - sarebbero stati infatti utilizzati in violazione del Regolamento audiovisivi unificato, approvato e sottoscritto da azienda e rappresentanza sindacale e depositato all'Ispettorato del Lavoro, nel quale è previsto che le riprese audiovisive non possono essere impiegate per elevare contestazioni disciplinari ai lavoratori. Inoltre era stata contestata alla Casa da gioco la mancata possibilità per la dipendente di utilizzare quei filmati per difendersi.
IL PROCESSO
Per il giudice di primo grado, il Casinò, non potendo utilizzare qui filmati, non aveva prova di un comportamento scorretto della lavoratrice.
Il Casinò, patrocinato dagli avvocati Marilena Sessa, Paolo Emilio Rossi e Silvia Ortis, ha presentato ricorso in appello, sostenendo che un accordo del 2004 consentiva le videoriprese anche nell'ambito del procedimento disciplinare e che quell'accordo, a differenza dell'integrativo, non era mai stato disdettato.
La Corte ha accolto questo reclamo, ma ha anche riconosciuto un vulnus nel diritto della difesa della cassiera per la mancata visione dei filmati in sede disciplinare. Infatti le fu possibile esaminarli solo durante il processo di primo grado.
Contro questa sentenza sarà possibile il ricorso per Cassazione.