«Fuoco amico sull'ispettore Donatoni». Ora sotto accusa finiscono i poliziotti

Lunedì 21 Febbraio 2022 di Francesca De Martino e Valentina Errante
L'ispettore dei Nocs, Samuele Donatoni

ROVIGO - Condannare a otto anni Stefano Miscali e a sette Claudio Sorrentino, i colleghi di Samuele Donatoni del gruppo Volpe del Nocs che, il 17 ottobre del 97 a Riofreddo, tentarono di liberare Giuseppe Soffiantini e in quella circostanza avrebbero per errore sparato al loro capo uccidendolo. E in Corte d'Assise, poi, avrebbero calunniato i banditi: Mario Moro (che intanto è morto) Giovanni Farina, Osvaldo Broccoli, Sergio Giorgio e Attilio Cubbeddu, ancora latitante, che non si sono ovviamente costituiti. Parti civili sono invece i familiari di Donatoni, la mamma e il fratello del poliziotto polesano. Il pm Erminio Amelio, che aveva riaperto le indagini insieme alla collega Elisabetta Ceniccola, ha chiesto le condanne per i poliziotti che dopo il fallito blitz avevano testimoniato ai processi raccontando che ad uccidere fosse stato Mario Moro.
Sarebbe stato invece Miscali a uccidere involontariamente il collega con un colpo sparato per errore con la pistola d'ordinanza, come reazione alla sventagliata di kalashnikov.

A notte fonda, non aveva centrato il bersaglio. Per Miscali, l'accusa di omicidio colposo invece è prescritta.


LE TESTIMONIANZE

I Nocs avevano organizzato un appuntamento con i sequestratori attraverso il finto pagamento del riscatto, ma l'operazione era fallita, Moro racconterà poi in corte D'Assise di avere sentito un fruscio e avere esploso una raffica di kalashnikov, alla cieca. Gli agenti, a quel punto, rispondono al fuoco ma i sequestratori gettano le armi e fuggono. A terra rimane solo Samuele Donatoni, che morirà dissanguato, colpito dal proiettile da fuoco amico.
«Quella sera io non ho sparato - ha detto Miscali - al momento dei fatti imbracciavo un fucile a pompa calibro 12, mi trovavo due o tre metri dietro, all'altezza del collega Sorrentino». E ha aggiunto: «Io non ho potuto rispondere al fuoco, in quanto l'agente Sorrentino ha dovuto alzarsi... lui era nel mio cono di fuoco. Notavo che l'ispettore Donatoni veniva attinto dai colpi e scivolava lungo il dirupo».
Miscali non ha sparato, testimoniava in corte d'Assise Sorrentino, che è accusato di falsa testimonianza. Ha dichiarato che Miscali non ha sparato. «Quando mi sono girato verso di lui e Donatoni, dopo avere visto per la prima volta i banditi - ha affermato Sorrentino - ho visto che Miscali impugnava il fucile calibro 12 e non la Beretta che pure aveva in dotazione operativa e sia perché, se lui avesse sparato un colpo, io, data la vicinanza lo avrei sentito». E così - accusa Amelio che ha chiesto la condanna - incolpava, pur sapendoli innocenti i banditi, dell'omicidio dell'ispettore per difendere il collega Stefano Miscali «che era armato di Beretta calibro 9, arma rivelatasi avere esploso il colpo mortale da posizione posteriore, così come definitivamente accertato nel corso del processo, al fine di garantire a Miscali l'impunità».

Ultimo aggiornamento: 22 Febbraio, 08:40 © RIPRODUZIONE RISERVATA

PIEMME

CONCESSIONARIA DI PUBBLICITÁ

www.piemmemedia.it
Per la pubblicità su questo sito, contattaci