Droga marocchina a quintali, rinviati a giudizio anche i "pesci piccoli"

Giovedì 11 Aprile 2019
Droga marocchina a quintali, rinviati a giudizio anche i "pesci piccoli"
ROVIGO - Un'operazione antidroga enorme, che in tre anni d'indagine aveva fatto luce su un traffico di quintali di droga che dal Marocco arrivavano in Polesine, snodo fondamentale di un traffico internazionale di hashish e cocaina, diretto a rifornire tutta la fascia orientale della Pianura padana, con una rete articolata di corrieri, grossisti e spacciatori al dettaglio, circa 100 chili di hashish e 2 di cocaina sequestrati, per un volume complessivo stimato al ribasso in oltre quattro volte tanto, 87 arresti, blitz dal porto di Genova a quello di Livorno e perquisizioni da Aosta ad Arezzo. Taraqa, così era stata chiamata l'operazione, si è conclusa il 12 ottobre 2016, ma le sue code giudiziarie continuano ad andare avanti. Per il cuore dell'inchiesta, i primi 30 verdetti per gli indagati che erano stati gravati da misure cautelari, erano già arrivati nel luglio dello scorso anno: sei condanne in abbreviato, un patteggiamento, tre assoluzioni, tre posizioni sospese per irreperibilità degli indagati, e 17 rinvii a giudizio. Ieri una costola della stessa maxi inchiesta, con altri 13 indagati è arrivata davanti al giudice per le udienze preliminari.
 
 E l'esito è stato di due patteggiamenti accolti e undici rinvii a giudizio.



Per le undici persone finite a processo, la prima udienza è in calendario per giugno. A chiudere invece la vicenda, mettendoci una pietra sopra con un patteggiamento, sono stati Enrico Donegà e Marco Giacometti, con la pena concordata fra le parti per ciascuno di un anno e dieci mesi, sospesi con la condizionale, per l'ipotesi lieve di spaccio.
L'INDAGINE
La storia della maxi inchiesta Taraqa ha mille sfaccettature. A innescare tutto erano state le segnalazioni di un piccolo giro di spaccio fra ragazzini. Era il 2013 e l'operazione Cohiba si concluse con 34 persone indagate, di cui 15 minori. La Mobile di Rovigo, però, ha continuato a scavare, individuando come possibile fornitore dei giovani un marocchino domiciliato a Lusia. È da qui che è avvenuto il salto di qualità che ha permesso agli inquirenti di arrivare a individuare i trafficanti di livello superiore, sempre di origine marocchina, che gravitavano, per la maggior parte, fra Lendinara, Badia e Castelmassa in Polesine, nella Bassa Veronese a Castagnaro, Villa Bartolomea e Legnago, nella Bassa Padovana a Masi e Megliadino San Vitale e nella provincia di Mantova fra Sermide, Ostiglia e Poggio Rusco. Grazie a un lavoro di intercettazioni telefoniche, le indagini hanno conosciuto altre tappe importanti, su tutte i due sequestri ai porti di Genova e Livorno, con due macchine sbarcate dai traghetti provenienti da Tangeri, imbottite rispettivamente con 48 e 25 chili di hashish, ben nascosti all'interno delle carrozzerie. Cinque in tutto i marocchini arrestati nelle due operazioni, condotte con l'ausilio dei carabinieri di Legnago, che hanno definitivamente chiuso il cerchio delle rotte internazionali dal Marocco al Nordest.
I TASSELLI PRECEDENTI
Già nell'estate del 2014 erano state chiuse altre due importanti operazioni, tasselli fondamentali per l'architettura dell'indagine che stava sempre più prendendo corpo: a giugno l'arresto di una donna italiana che proveniva da Milano con un carico di 10 chili di hashish, a fine agosto l'arresto di due marocchini con 400 grammi di cocaina appena acquistata da un connazionale a Castiglione delle Stiviere. Decisivo, poi, l'arresto, avvenuto il 1. aprile 2015 di un 35enne marocchino di Roverchiara, detto Nero, una delle figure chiave della rete dello spaccio. Nelle maglie delle indagini erano finiti pesci piccoli e pesci grandi. Fra questi, un 34enne marocchino che nel luglio scorso è stato condannato in abbreviato a ben 5 anni e 2 mesi.
Francesco Campi
Ultimo aggiornamento: 13:38 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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