Sapeva dei controlli al cantiere grazie al finanziere "amico": gestore condannato

Giovedì 28 Gennaio 2021 di Francesco Campi
il locale Corsopolitan in Corso del Popolo a Rovigo

ROVIGO L’essere stato avvertito in anticipo dei controlli che sarebbero stati fatti al cantiere per l’allestimento del Corsopolitan, il locale in Corso del Popolo che ha poi aperto i battenti a ottobre 2018, è costato ieri a Rubens Pizzo, 46enne gestore di locali e organizzatore di eventi, ai tempi in cui ancora si poteva, una condanna in abbreviato a 2 anni e 8 mesi, già comprensiva dello sconto di pena per il rito scelto. L’ipotesi di reato formulata a suo carico era di corruzione. Insieme al giudizio abbreviato, il giudice Raffaele Belvederi nella stessa udienza preliminare ha deciso anche per il rinvio a giudizio di un appuntato della Guardia di Finanza, Giuseppe Ritrovato, 47 anni. 
LE INDAGINI 
Secondo l’accusa, formulata sulla base delle indagini svolte dai carabinieri, coordinati dal sostituto procuratore Sabrina Duò, il finanziere non solo avrebbe offerto dei consigli a Pizzo, che era impegnato nelle opere di allestimento del nuovo locale, aperto qualche mese più tardi dalla società intestata alla madre dello stesso Pizzo, titolare anche della Pizzeria Vesuvio, e all’ex consigliere comunale forzista Giacomo Sguotti, ma lo avrebbe in qualche modo anche avvertito di imminenti controlli. Secondo la Procura, questo avrebbe appunto configurato il reato di corruzione. Con il finanziere, difeso dall’avvocato Francesco Trapella, chiamato a rispondere anche dell’ipotesi di violazione del segreto d’ufficio nel processo che si aprirà il 6 maggio prossimo. 
Questa indagine è scaturita dalle pieghe di un’altra indagine, su un ipotizzato giro di usura, chiamata “Costrictor”, che ha interessato lo stesso Pizzo e che è ancora in fase preliminare; la richiesta di rinvio a giudizio formulata dalla Procura dovrà essere valutata dal giudice per le udienze preliminari il prossimo giugno. Il fulcro di tutta l’inchiesta è stato individuato in Jin Changlou, un cinese al momento irreperibile. Il 53enne di Goro Pietro Gianella, che il 16 marzo 2019 era stato arrestato insieme a Pizzo, seppur non vi siano mai stati contatti diretti fra i due, già il mese dopo avrebbe sostanzialmente ammesso di essere stato un intermediario fra il cinese e i due commercianti di frutta e verdura, padre e figlio, che hanno rotto il velo di silenzio, denunciando lo strozzinaggio ai carabinieri di Adria, nel giugno del 2018, dando così avvio alle indagini. Secondo la ricostruzione accusatoria, Pizzo avrebbe prestato, fra giugno e dicembre 2018, una somma pari a 60mila euro a una 27enne residente a Rovigo ma con un’attività in provincia di Bologna, che nelle intercettazioni telefoniche è spuntata con il soprannome di “Sabrina”, C.Y., di origini cinesi. Secondo quanto emerso dalle indagini del Nucleo investigativo dei carabinieri di Rovigo, coordinati dal pm Duò, dopo che il fascicolo è passato dalle mani dei sostituti Fabrizio Suriano e Monica Bombana, Pizzo avrebbe poi chiesto la restituzione dei soldi con un tasso del 200% in 8 mesi. 
L’ACCUSA 
Nell’interrogatorio di garanzia, Pizzo, difeso dagli avvocati Michele Brusaferro e Dania Pellegrinelli, aveva spiegato al giudice che tutto sarebbe insorto per un equivoco: non si sarebbe trattato di usura, ma di un prestito a un’amica e la somma prestata non sarebbe stata di 60mila euro, ma di circa il doppio, per cui non sarebbe stata richiesta la restituzione con un tasso del 200%, come sostenuto dall’accusa. L’indagine sulla corruzione è scaturita proprio dagli accertamenti fatti su quanto sequestrato nell’ambito dell’inchiesta “Costrictor”, compresi molti fogli di appunti e i telefoni di Pizzo, dove c‘erano molte telefonate registrate, fra cui quelle dell’amico finanziere.
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Ultimo aggiornamento: 07:57 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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