Padova. La rettrice dell'Università: «Delitto efferato commesso da un loro compagno: gli studenti sono sconvolti»

Martedì 21 Novembre 2023 di Gabriele Pipia
Daniela Mapelli

PADOVA - «Nell'ultimo fine settimana ho ricevuto centinaia di mail. La nostra comunità è totalmente attonita e sgomenta». Daniela Mapelli parla al secondo piano di Palazzo Bo, quello delle grandi occasioni.

Questa volta però all'Università di Padova non c'è nessun traguardo da festeggiare e nessuna eccellenza da celebrare. La rettrice rappresenta un ateneo che attraversa uno dei suoi momenti più difficili: una studentessa uccisa e uno studente accusato di omicidio.


Rettrice, che sentimenti sta provando?
«Un grandissimo dolore, ciò che è successo lascia senza parole noi e un intero Paese. Gli studenti sono scossi davanti ad una violenza subita da una loro compagna ma anche davanti ad un delitto efferato perpetrato da un altro compagno. Parliamo di ragazzi nati negli anni 2000, un'epoca che a noi sembra l'altro ieri. Ragazzi cresciuti in ambienti apparentemente sani o comunque sicuramente non violenti, senza segnali che potessero lasciar pensare ad un epilogo così tragico. Eppure ora siamo qui, a parlare di un altro femminicidio».


Lei è anche una psicologa. Quali cause vede in ciò che è successo?
«Per dare una risposta bisognerebbe parlare con il ragazzo, dico solo che probabilmente è sbagliato banalizzare riducendo ciò che è successo ad una o ad un'altra motivazione. Penso che le cause siano più di una e bisogna stare attenti a dare la colpa a qualcosa di particolare oppure alla famiglia».


Avete già comunicato che verrà conferita simbolicamente una laurea in ingegneria biomedica a Giulia...
«Noi abbiamo sempre conferito attestati alla memoria a studenti che durante il corso di laurea sono morti prematuramente. Nel caso di Giulia è prevista una laurea visto che aveva terminato tutti gli esami e già consegnato anche la tesi. Ma voglio rispettare il dolore della famiglia: prenderemo contatti con loro perché tutto deve essere concordato, se lo vorranno».


Intanto che iniziative state mettendo in atto?
«Tutte le lezioni hanno osservato un minuto di silenzio e i docenti hanno dato spazio al dialogo con i ragazzi, che ne hanno davvero bisogno. Un altro momento importante è stato al Dipartimento di Ingegneria dove Giulia aveva studiato e dove giovedì l'abbiamo aspettata invano, sperando fino all'ultimo che arrivasse per laurearsi: avrebbe dovuto essere la prima in lista. Gli studenti hanno chiesto di potersi trovare tra loro per ricordarla (ieri mattina si sono radunati oltre duemila giovani, ndr).


Sono previste anche intitolazioni?
«Ci saranno tanti tipi di ricordi. Immagino che le intitolazioni, se verranno chieste, saranno al Dipartimento di Ingegneria».


Sarà al funerale di Giulia?
«Ci sarà una delegazione della nostra Università e ci sarò anche io. Intanto sono in contatto costante con il direttore del Dipartimento, il professor Meneghesso. Conosceva Giulia, che aveva dato il suo ultimo esame con lui a luglio prima di dedicarsi alla tesi».


Cercherà un contatto anche con la famiglia di Filippo Turetta?
«Ci ho pensato molto in questi giorni, oltre che come rettrice mi sono immedesimata come madre da entrambe le parti. Siamo vicinissimi alla famiglia di Giulia ma siamo vicinissimi anche a quella di Filippo, perché nessuno di noi pensa di avere un assassino dentro le mura domestiche».


E tecnicamente lui ad oggi rimane un vostro studente...
«Tutti speravamo che non avesse commesso nulla anche se in cuor nostro forse già sapevamo l'epilogo. Ora, ben prima di un eventuale nostro procedimento disciplinare, c'è un procedimento penale».
Cosa può fare un grande ateneo come il Bo per contribuire ad estirpare questo fenomeno?
«A volte il destino sembra davvero beffardo. Da mesi stiamo lavorando su un corso on-line sulla parità di genere e sull'inclusione. È un corso che tratta tanti temi come molestie, violenze di genere, segnali da riconoscere. È solo un piccolo passo di un processo culturale ben più grande che passa per l'emulazione dei comportamenti, la trasmissione di certi valori e la capacità di rendere questi ragazzi più resilienti alle frustrazioni. Capita di ricevere dei no e capitano degli inceppi ma bisogna andare avanti. La vita è lunga e bisogna saper affrontare momenti che sembrano i più duri».

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