Israele, arrivano i riservisti dall’Italia. Noa: «Ho convinto la famiglia». ​La 22enne in partenza da Fiumicino

In 300mila richiamati da tutto il mondo: è il numero più alto dalla guerra del 1948

Martedì 10 Ottobre 2023 di Marco Ventura
Israele, arrivano i riservisti dall’Italia. Noa : «Ho convinto la famiglia». La 22enne in partenza da Fiumicino

Si mobilitano le comunità ebraiche in tutto il mondo per tornare in Israele e rispondere all’appello del governo che ha richiamato già più di 300mila riservisti.

E il ministro degli Esteri, Eli Cohen, annuncia “voli speciali” che porteranno a Gerusalemme e Tel Aviv i giovani in età per combattere, dall’America all’Europa. «Numerose – dice – le richieste che abbiamo ricevuto per rientrare in Israele il prima possibile, adesso che i militari preparano l’offensiva di terra nella Striscia di Gaza. Questa è la più grande mobilitazione della nostra storia. Da ogni parte del mondo ci chiedono di essere quanto meno volontari per qualsiasi cosa di cui ci sia bisogno, per dare una mano, e questo ci scalda il cuore. Questo è lo spirito di Israele». Israele non come Stato, ma come nazione ebraica. Decine di migliaia di soldati sono già attorno alla Striscia, i nuovi riservisti e volontari vengono mandati sugli altri fronti possibili di una guerra che potrebbe estendersi. E se gli italiani in Israele sono 18mila, molti hanno anche doppio passaporto e si preparano pure loro a imbracciare il fucile. Altri arrivano dall’Italia. In tutto, sarebbero venti gli italo-israeliani mobilitati. Alcuni in partenza ieri dall’aeroporto di Fiumicino. 

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IL RACCONTO

Come Noa Rakel Perugia, 22enne riservista in servizio attivo. Tutti gli italiani e israeliani, o con doppio passaporto, che avevano il biglietto per il volo El Al del mattino lo hanno ceduto ai giovani richiamati in Israele e pronti a raggiungere le rispettive unità. «Io ero qui come tanti altri per le feste di Sukkot, dovevo cominciare l’università in Israele il 15 ottobre», dice Noa. «Domenica mattina alle 5 dormivo, ci ha svegliati mia zia da Gerusalemme e ci ha detto della guerra». Ed è così che Noa, invece di andare alla Reichman University di Erzliya per i corsi della sua materia, Relazioni internazionali, rientra nei ranghi che ha lasciato da poco. «È mio dovere partire, anche se qui sono preoccupati e lo è la mia famiglia. Ho fatto il liceo scientifico a Roma, nella scuola ebraica Renzo Levi. Dormivo a casa dei miei genitori quando alle 5 del mattino di Shabbat, giorno di festa per noi, zia ci ha telefonato. Lei ha tre figli e il maschio è un ufficiale della fanteria, subito richiamato al fronte. Sarei dovuta andare con la mia famiglia in Sinagoga a festeggiare Sukkot, invece è cominciata per ore una ricerca straziante con chi aveva parenti, amici, fratelli, figli uccisi o rapiti. Siamo rimasti incollati alla Tv, i contatti sono stati molto difficili perché era festa. Israele è molto piccola, ognuno sta cercando morti, rapiti o dispersi. Ogni ospedale ha ora un’emergency room per assistere famiglie che cercano parenti, genitori che non hanno notizie dei figli, molti erano al rave nel deserto». 

I NUMERI

Trecentomila riservisti richiamati sono il numero più alto dalla guerra del 1948. Paura? «Il mio pensiero è con le famiglie ammazzate al confine con Gaza, faccio tutto quel che posso per partire subito e portare il mio aiuto ai soldati al fronte. Nell’esercito il mio lavoro è stato giornalistico, ero un soldato nella unità portavoce, credo che tornerò in quella unità. È mio dovere». Riservisti e riserviste ebrei con doppio passaporto si presentano nelle stesse ore agli aeroporti francesi e inglesi e americani. Decine i franco-israeliani già partiti con voli diretti per Israele, per «onorare il giuramento». 

I riservisti di Tsahal hanno la precedenza nei voli che decollano da Parigi Charles de Gaulle. In Israele, ebrei italiani che hanno scelto da anni di trasferirsi, in queste ore vanno anche loro verso nord, al fronte, oppure organizzano gli aiuti. Come David Di Tivoli, 46 anni, da venti in Israele, manager di una società informatica, col suo furgone porta ogni genere di aiuti per i soldati e le soldatesse al fronte. Perché da un giorno all’altro l’esercito è cresciuto di numero e mancano anche generi d’uso comune. «Mi sto attivando con gli amici per soddisfare le richieste di cibo in scatola ma anche di salviette umidificanti, dentifrici, acqua, assorbenti, abbigliamento… Tutto ciò che può servire, cose magari a cui nessuno pensa». È solo l’inizio.

Ultimo aggiornamento: 16:46 © RIPRODUZIONE RISERVATA