Putin e l'Ungheria, prigionieri ucraini trasferiti a Budapest. «Così Orban collabora con Mosca»

A rivelarlo è The Kyiv Independent che ha analizzato lo stretto legame tra i due Paesi

Mercoledì 2 Agosto 2023 di Silvia Sfregola
Il presidente russo Vladimir Putin con il primo ministro dell'Ungheria Viktor Orban

Spediti dalla Russia in Ungheria. È fine giugno quando scoppia il caso degli undici prigionieri ucraini trasferiti da Mosca a Budapest. «Sebbene Kiev e la Russia abbiano regolarmente scambiato prigionieri di guerra, a volte attraverso Paesi terzi come la Turchia e l'Arabia Saudita, questa volta l'Ucraina non è stata informata in anticipo dell'operazione, né Budapest ha fornito alcuna informazione a Kiev sui cittadini ucraini sul suo territorio nelle settimane successive» scrive The Kyiv Independent analizzando come ormai sia chiaro che l'Ungheria stia collaborando con Mosca nella guerra contro Zelensky. «Anche se entrambi i Paesi hanno negato qualsiasi ruolo diretto dello Stato» specifica il quotidiano online.

L'Ungheria ha infatti sostenuto fin dall'inizio che il trasferimento fosse stato organizzato dalla Chiesa ortodossa russa e dal Servizio di beneficenza dell'Ordine di Malta. Un'operazione "religiosa" e non politica.

L'Ordine di Malta e il «coinvolgimento umanitario»

«Il coinvolgimento dell’Ordine di Malta è stato esclusivamente umanitario, non ha partecipato ai negoziati per la liberazione degli 11 prigionieri ucraini». A ribadirlo l’Ordine stesso, un ente sovrano con rapporti diplomatici con oltre 110 Stati. Nel corso dell'incontro a Roma - lo scorso venerdì nel Palazzo Magistrale - tra il vice primo ministro ungherese Zsolt Semjén e il Gran Cancelliere del Sovrano Ordine di Malta, Riccardo Paternò di Montecupo, oltre ad essere stati confermati gli ottimi rapporti si è discusso anche della questione dei militari arrivati in Ungheria l'8 giugno. «L'Ordine di Malta ha fornito aiuti umanitari solo sotto forma di alloggio, vitto e cure mediche rigorosamente in linea con i suoi principi» si legge sul Budapest Times che riporta la dichiarazione congiunta del Gran Cancelliere e del vice di Orban. «L'aiuto umanitario deve essere fornito a tutti coloro che ne hanno bisogno, indipendentemente dalla loro nazionalità, credo politico e religioso». Inoltre le 11 persone non sono mai state sottoposte ad alcuna misura restrittiva in Ungheria e Semjén ha espresso gratitudine per gli aiuti umanitari forniti a migliaia di rifugiati ucraini a Budapest, proprio nell’ambito delle attività umanitarie generali che l’Ordine coordina in tutto il mondo.

Il giallo dei prigionieri trasferiti

Eppure secondo le nuove informazioni, ottenute dal giornale online ucraino, ci sarebbe stato un coinvolgimento diretto dell'Ungheria nel trasferimento. Finora, cinque degli 11 prigionieri di guerra ucraini sono tornati in patria. Secondo il portavoce del quartier generale di coordinamento per il trattamento dei prigionieri di guerra, Petro Yatsenko, il ministero degli Esteri ucraino è riuscito a organizzare il loro trasferimento in auto. Per gli altri sei invece si starebbe cercando ancora il modo di farli tornare. La consegna dei militari era stata inizialmente annunciata l'8 giugno con un breve comunicato stampa della Chiesa ortodossa russa, che aveva spiegato che la decisione era «parte della cooperazione interconfessionale, su richiesta ungherese» come scrive The Kyiv Independent. E la notizia del trasferimento è stata confermata poi anche dal vice premier ungherese Semjén che, in quei giorni, aveva anche giustificato il suo ruolo personale nel coordinare il trasferimento come «dovere umano e patriottico». «Sebbene Semjén abbia descritto il rilascio dei prigionieri di guerra ucraini in Ungheria come un "gesto a Budapest" da parte della Chiesa ortodossa russa in particolare - ha evidenziato il giornale ucraino - non vi è alcuna distinzione tra Chiesa e Stato come attore. Anche mettendo da parte lo status ben documentato della chiesa come braccio politico del regime di Vladimir Putin, i prigionieri di guerra sono stati catturati e trattenuti, come tutti gli altri, dall'esercito russo, che avrebbe comunque dovuto approvare tale consegna».

 

La collaborazione dell'Ungheria con Mosca sul trasferimento

Al momento dell'annuncio del trasferimento sono sorti subito gli interrogativi sul coinvolgimento del primo ministro Orbán e del suo governo. «Forse rivelando più di quanto avrebbe dovuto - sottolinea The Kyiv Indipendent - il portavoce del governo ungherese Zoltán Kovács ha scritto, in un tweet del 9 giugno scorso, che il trasferimento era stato coordinato da Semjén ed effettuato su richiesta dell'Ungheria, aggiungendo che anche il Charity Service maltese aveva partecipato al trasporto». Nonostante questo, parlando al Parlamento europeo a Strasburgo il 20 giugno, il ministro degli Esteri ungherese Péter Szijjártó ha poi negato il coinvolgimento diretto del governo. «Ci sono state discussioni tra Chiesa e organizzazioni religiose, lo Stato ungherese non era assolutamente coinvolto» ha dichiarato in quel discorso a Bruxelles. Ma secondo il giornale online di Kiev non bisognerebbe nemmeno sottovalutare il grave deterioramento dei contatti diplomatici tra il governo di Zelensky e Budapest, fatto che ha costantemente minato la difesa del suo territorio e della sovranità dell'Ucraina all'interno dell'Unione europea e della Nato proprio dopo l'invasione russa. Secondo una fonte diplomatica anonima - intervistata sempre dal The Kyiv Indipendent - i prigionieri erano stati portati in Ungheria attraverso la Turchia, poiché tutti i viaggi aerei diretti tra Russia e Ue sono bloccati. Una delle questioni principali resta allora il ruolo dello stesso primo ministro Orbán nel trasferimento degli ucraini. Oltre ad essere vice, Semjén è anche il leader del Partito popolare democratico cristiano ungherese, il partner del partito Fidesz di Orbán nella coalizione di governo e uno stretto alleato politico del primo ministro. «È difficile immaginare che non fosse a conoscenza di questa operazione» ha spiegato al The Kyiv Independent il portavoce del ministero degli Esteri ucraino Oleg Nikolenko. «Siamo sicuri che ne fossero a conoscenza e che fosse autorizzato». Lo stesso Orbán finora non ha mai rilasciato commenti pubblici sul caso. Ma tra la richiesta di negoziati con la Russia e la rimozione delle sanzioni occidentali, Orbán ha ripetuto la stessa versione propagandistica del Cremlino sulla guerra che, secondo lui, è stata provocata dall'Occidente. Ma ci sarebbe anche un'altra possibilità, ovvero che non si tratti di prigionieri di guerra, come li ha sempre definiti l'Ucraina. In base alla Convenzione di Ginevra, infatti, un Paese terzo può ricevere dei prigionieri da uno Stato in conflitto con un altro, ma ha degli obblighi da rispettare. Nel caso specifico, il governo di Orban avrebbe dovuto informare quello ucraino e poi la Croce Rossa. E se fossero stati prigionieri di guerra, sempre in base al diritto internazionale, l'Ungheria avrebbe dovuto tenerli in custodia. Invece tre di loro sono poi tornati in patria. Sia Budapest, sia Mosca non hanno infatti definito i cittadini ucraini trasferiti come "prigionieri", ma come persone "coinvolte in conflitti armati". E sempre Russia e Ungheria hanno dichiarato, fin dall'inizio, che i rispettivi governi non erano mai stati coinvolti direttamente, ma che si trattava di un'operazione condotta solo tra istituzioni religiose: da un lato, dalla Chiesa ortodossa russa, e dall'altro dal Servizio di beneficenza ungherese dell'Ordine di Malta. Nonostante questo Kiev resta convinta che invece si tratti di una mossa voluta proprio da Orban, l'unico leader dell'Ue che, dall'inizio del conflitto, difende a spada tratta lo Zar.

Ultimo aggiornamento: 3 Agosto, 15:21 © RIPRODUZIONE RISERVATA