Guerra Ucraina, Biden pressa il Congresso: «Putin attaccherà la Nato». Ma i repubblicani bloccano gli aiuti a Kiev

Intanto il presidente russo vola negli Emirati Arabi

Giovedì 7 Dicembre 2023 di Lorenzo Vita
Guerra Ucraina, Biden pressa il Congresso: «Putin attaccherà la Nato». Ma i repubblicani bloccano gli aiuti a Kiev

Il presidente degli Stati Uniti, Joe Biden, ha lanciato un messaggio molto chiaro al Congresso. Se finiscono gli aiuti all'Ucraina, ha detto ieri sera il capo della Casa Bianca, questo sarà «il più bel regalo» per il presidente russo Vladimir Putin, che «non si fermerà» una volta ottenuta la vittoria contro Kiev, e «punterà dritto verso i confini della Nato». Un monito duro, che arriva mentre sono in corso feroci scontri politici a Washington sullo sblocco di ulteriori decine di miliardi di aiuti alle forze armate ucraine: i repubblicani al Senato in serata hanno bloccato in un voto procedurale la proposta di legge con gli aiuti chiedendo più severe misure di controllo al confine col Messico. Ma quello di Biden è anche un messaggio che supera i confini degli Usa e arriva a migliaia di chilometri di distanza, mentre il capo del Cremlino cercava di rompere il suo isolamento internazionale e veniva accolto con tutti gli onori negli Emirati Arabi Uniti e poi in Arabia Saudita, con l'immagine della pattuglia acrobatica di Abu Dhabi che solcava i cieli della capitale dipingendo i colori della bandiera russa.

LA STRATEGIA

Immagini diametralmente opposte, ma che confermano quello che da tempo temono tanto gli apparati ucraini quanto molti segmenti strategici statunitensi e dell'Alleanza atlantica. Dopo l'isolamento iniziato con l'invasione dell'Ucraina del febbraio 2022, il capo del Cremlino sta infatti tentando di uscire gradualmente dall'immenso guscio terrestre russo.
E dopo avere compiuto i suoi primi passi in Cina e nei Paesi dell'ex blocco sovietico, lo sbarco di Putin nel mondo arabo, pur per un blitz di circa 24 ore, ha confermato il desiderio dello zar di riprendersi la scena internazionale.

Anche perché certo di non incappare nel rischio di essere arrestato: il mandato di cattura della Corte penale internazionale non vale in Arabia Saudita e neppure negli Emirati, dove il trattato internazionale non è riconosciuto.

Non è certo il periodo d'oro in cui la sua presenza sul palcoscenico della diplomazia era una costante. Tuttavia, quel leader che ancora oggi riceve gli ambasciatori a decine di metri di distanza «per motivi sanitari» e che teme per l'incolumità e si fa scortare in viaggio da quattro caccia, sembra essere di nuovo interessato a mostrarsi meno isolato, più dinamico, e soprattutto di nuovo protagonista. La scelta delle tempistiche e del luogo non è certo casuale. Arabia Saudita ed Emirati sono partner fondamentali di Mosca nel grande gioco dei prezzi dell'energia, imprescindibili per le casse russe. Ma il blitz di Putin arriva anche quando sono in corso due fenomeni sicuramente distanti tra loro ma che pure si intrecciano in un'intricata trama geopolitica. Il Medio Oriente è dilaniato dalla guerra nella Striscia di Gaza, e Putin, che oggi incontra a Mosca anche il presidente iraniano Ebrahim Raisi, ha più volte accusato Washington di essere artefice del caos con i suoi errori strategici.

 

IL SOSTEGNO A KIEV

Allo stesso tempo, è in corso la guerra in Ucraina, che nonostante sia meno al centro dell'attenzione mediatica, non solo prosegue ma è diventata anche un enorme punto interrogativo dell'Occidente. Non è un mistero che a Washington e in altre capitali atlantiche si stia facendo largo la prospettiva di una cristallizzazione del conflitto e di un futuro tavolo negoziale tra invasore e aggredito. E la controffensiva ucraina, ormai congelata con l'arrivo dell'inverno e con la resistenza attuata dai russi, sembra avere condotto la guerra in una fase di stallo più o meno permanente. Molti osservatori ritengono che la vera arma di Putin non siano più paradossalmente né i missili né gli uomini, ma il tempo. Più la guerra continua con questi ritmi, più questo rende difficile per l'Occidente tenere in piedi la macchina del sostegno militare ed economico a favore dell'Ucraina, aumentando le pressioni per una trattativa di pace che consolidi in qualche modo lo status quo. La palude politica dei 61 miliardi di dollari Usa per l'Ucraina è un indizio che a Mosca evidentemente non hanno sottovalutato. E questo timore è stato segnalato anche dal presidente ucraino Volodymyr Zelensky che, in videoconferenza con i leader del G7, ha ricordato che la speranza della Russia ora è tutta riposta nella fine del sostegno occidentale a Kiev.
 

Ultimo aggiornamento: 8 Dicembre, 08:12 © RIPRODUZIONE RISERVATA