«Confermo l’impegno dell’Italia nei confronti della Nato e delle sfide comuni che l’Alleanza si trova ad affrontare in questo momento delicato». Il messaggio istituzionale con cui Giorgia Meloni ieri ha chiuso il faccia a faccia con il segretario generale della Nato Jans Stoltenberg riassume il senso di un colloquio durato meno di un’ora in cui - al netto dei tanti dossier caldi toccati, dalla Libia ai pericoli della guerra cyber - la premier si è principalmente “limitata” a garantire che il sostegno atlantista rivendicato in campagna elettorale è davvero la linea che sarà perseguita con convinzione dall’esecutivo.
«Ribadisco la volontà dell’Italia di partecipare da protagonista: siamo una nazione seria e leale e continueremo a dimostrarlo». Tradotto: innanzitutto continueranno le forniture di armi destinate all’Ucraina. Un sesto decreto arriverà senza problemi nelle prossime settimane (mentre, con l’autorizzazione del Parlamento in scadenza a fine anno, andrà rivotata e non può escludersi qualche sgambetto leghista), concentrando al suo interno quei sistemi di difesa aerea richiesti da Kiev, come Samp/T, Stinger e Aspide. Un messaggio che si distingue nelle parole utilizzate da Meloni. «In un contesto in cui la pace non è qualcosa che possiamo dare per scontato ma è qualcosa per cui dobbiamo lavorare e che ci impone di essere pronti a difenderci - ha spiegato in conferenza stampa a palazzo Chigi poco prima di interrompere il protocollo per annunciare la liberazione di Alessia Piperno dalle carceri iraniane - ho ribadito al segretario Stoltenberg che l’Italia sostiene con forza l’integrità territoriale, la sovranità e la libertà dell’Ucraina». Del resto, come sottolineato proprio da Stoltenberg, l’impegno italiano è apprezzato ed evidente (truppe nostrane si trovano in Bulgaria, Lettonia, Mar Nero, Kosovo ed Iraq),
IL FRONTE DIGITALE
Non solo. Al netto della posizione sul conflitto in Ucraina e della natura «conoscitiva» del colloquio sottolineata da fonti di governo, il faccia a faccia ha avuto un respiro più ampio. Anche perché, del resto, «l’alleanza è indispensabile per la sicurezza e la prosperità delle nostre nazioni: senza sicurezza non c’è e non ci può essere crescita per le nostre società e ovviamente - ha aggiunto la premier - dobbiamo insieme difendere i comuni valori della nostra identità occidentale». E quindi sul tavolo è finita ad esempio la necessità di ampliare la collaborazione anche tra la nato e l’Europa, al fine di rendere reale la Difesa comune. Al pari di quella di continuare a supportare e finanziare «quel primato tecnologico che da secoli consente all’Occidente di essere e di vivere sicuro e di essere protagonista».
D’altro canto Stoltenberg si trovava nella Capitale proprio per parlare dei rischi della guerra digitale. Un tema al centro della Nato cyber Defence Pledge Conference 2022, che si è tenuta ieri a porte chiuse alla Farnesina. Evento in cui il norvegese non si è limitato ad invitare gli Alleati a compiere maggiori investimenti o a lodare la nostra Strategia nazionale appena varata (tra l’altro nel Decreto Aiuti di settembre è stata prevista la possibilità per i nostri servizi segreti di effettuare operazioni cibernetiche offensive in risposta ad attacchi informatici), ma ha anche chiarito come i cyberattacchi possano innescare l’articolo 5 del Trattato atlantico, cioè la difesa collettiva tra gli alleati Nato.
Tornando al faccia a faccia con la premier, ciò che trapela è che Meloni - dopo il sostegno a Kiev - ha tenuto a richiamare l’attenzione dell’organizzazione anche al «fianco meridionale». Ovvero, in primis alla stabilizzazione della complessa situazione libica, sempre più fondamentale per garantire approvvigionamenti energetici scevri da altri condizionamenti geopolitici. Infine, a preoccupare è anche la tensione in aumento nei Balcani.
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