Kiev si avvicina alla Nato, gli esperti militari: «Armando Zelensky tolto a Mosca il 90% dell'esercito»

Venerdì 15 Dicembre 2023 di Marco Ventura
LO SCENARIO

Il cuore oltre l'ostacolo. O, meglio, oltre il confine. La decisione di avviare il negoziato per l'adesione dell'Ucraina all'Unione europea segna la svolta nel rapporto tra Kiev e Bruxelles, e approfondisce il solco tra Europa e Russia. È un messaggio potente a Putin, che ha appena finito di parlare per 4 ore ai giornalisti, a Mosca, sostenendo che è «quasi finito» l'appoggio dell'Occidente all'Ucraina, e che le forniture di armi stanno per esaurirsi.

Ora, con la decisione dell'inizio di un percorso di avvicinamento di Kiev, l'Europa rompe un tabù, dischiude la porta a un Paese oggi in guerra, e compie un passo tra quelli che Putin temeva e che aveva creduto di poter prevenire con l'invasione di due anni fa.

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DAL 2014

I contrasti con Mosca, del resto, erano cominciati ancora prima, nel 2014, con la scelta di allargare la Nato all'Ucraina, sullo sfondo dell'adesione europea. Putin non aveva appena detto, ieri, che Russia e Ucraina sono un solo Paese e questa è una guerra civile in cui si confrontano dei fratelli? E ha aggiunto che Odessa, che al termine del percorso sarà una città anche formalmente europea, è in realtà russa "da sempre". La contrapposizione tra il sogno europeo di Kiev e la visione imperiale della Russia putiniana non poteva essere più netta. Tanto più che in contemporanea col botta e risposta tra lo Zar e i giornalisti (pure occidentali), il segretario generale della Nato, Stoltenberg, avvertiva che se Putin vincerà la guerra, «non si fermerà» a Kiev. Non a caso, ieri lo Zar ha sottolineato che l'Ucraina ha tolto il primato negativo di Paese più povero del continente alla Moldova, anch'essa in procinto di entrare nell'Unione.
Sul terreno cambia poco, certo l'Europa oggi è più coinvolta nel conflitto, perché a essere sotto attacco e in parte occupato è un potenziale partner, anche se tra molti anni. E non è da poco il fatto che la difesa dell'Europa, militarmente, non è affidata alla Ue, che non ha un'autonomia propria, ma alla Nato. Proprio ieri un drone russo è caduto in Romania, per quanto i vertici dell'Alleanza si siano affrettati a precisare che non si è trattato di un atto deliberato. Ma non è la prima volta che viene violato lo spazio aereo di Paesi alleati. Per Zelensky, l'annuncio di Bruxelles è comunque una boccata d'ossigeno nella guerra dei nervi con Putin, una spinta psicologica alla già forte motivazione dei combattenti ucraini attestati lungo i duemila chilometri di fronte, in un conflitto che è d'attrito, congelato e sospeso dall'inverno, con oltre 600mila tra regolari e riservisti che lo Zar sostiene di avere ancora in Ucraina.

SUL FRONTE

A Kiev si erano sentite in mattinata le sirene degli allarmi aerei e delle esplosioni. E il ministero della Difesa britannico aveva rivelato che una divisione di paracadutisti russi appena creata, le Guardie della 104a, lanciata all'assalto delle teste di ponte ucraine sulla sponda sinistra del fiume Dnipro, aveva subito «perdite eccezionalmente pesanti, in quanto scarsamente supportata dall'aviazione e dall'artiglieria e con truppe inesperte». Putin ribadisce che «la vittoria sarà nostra», che la controffensiva ucraina è fallita «e non ha raggiunto nessun risultato da nessuna parte», e ostenta sicurezza a pochi mesi dalla scontata rielezione, dopo quasi 24 anni al potere, nelle presidenziali del prossimo marzo. Ma anche la Russia ha problemi enormi. L'intraprendenza europea non aiuta lo Zar, che confida ora nella stanchezza del Congresso americano, specie delle fazioni repubblicane vicine a Trump.

QUAL È L' EXIT STRATEGY

In un'interessante analisi su "The Atlantic", la prestigiosa rivista americana, Tom Nichols, esperto di strategie militari, argomenta che è sbagliata la domanda «qual è l'exit strategy?», riferita alla guerra russo-ucraina. Per gli ucraini, scrive, è la sopravvivenza, mentre non ha senso chiedere quanto sia costato agli Usa armare gli ucraini. Se è vero, afferma, che Putin ha perso l'87 per cento dei militari mandati in Ucraina all'inizio del conflitto, rimpiazzati da riservisti e mercenari, la domanda è un'altra: quanto vale aver ottenuto il degrado di quasi il 90 per cento dell'esercito e del 70 per cento di carri armati di un Paese ostile, senza aver perso un solo soldato americano?

Ultimo aggiornamento: 08:03 © RIPRODUZIONE RISERVATA