Strage al rave, il dossier che nel 2016 anticipò l'azione di Hamas e che Netanyahu liquidò come «poco probabile»

Spunta il dossier dell’allora ministro della Difesa, Liberman: l'attentato terroristico previsto sette anni fa ma il primo ministro avrebbe sottovalutato l'avvertimento: "Scenario improbabile"

Lunedì 30 Ottobre 2023 di Silvia Sfregola
Strage al rave, il dosser che nel 2016 anticipò l'azione di Hamas e che Netanyahu liquidò come «poco probabile»

«Non è uno scenario ipotizzabile». Così il primo ministro d'Israele, Benjamin Netanyahu aveva sottovalutato l'allarme lanciato dall'allora ministro della Difesa. Era il 2016 e Avigdor Liberman lo aveva messo nero su bianco il presagio della catastrofe: «Hamas si sta preparando a un conflitto con Israele» scriveva nel dossier choc consegnato, sette anni fa, al capo di Stato maggiore e al premier. Il documento oggi è stato pubblicato dal quotidiano israeliano “Yediot Ahronoth” e, di fatto, racconta il massacro andato in scena il 7 ottobre scorso quando i miliziani palestinesi hanno assaltato lo Stato ebraico provocando morte, dolore e prendendo in ostaggio 230 persone. 

L'attacco di Hamas il 7 ottobre e il documento choc

«Avverrà un attacco terroristico di enormi proporzioni da parte di Hamas» si legge nelle 11 pagine del documento redatte dall'ex ministro.

Liberman evidenziava anche che l'organizzazione palestinese aveva in mente di utilizzare le forze militari per catturare per prendere in ostaggio gli ebrei. Il dossier venne trasmesso a tutti i funzionari diplomatici e di sicurezza, ma l’allora capo di Stato maggiore delle Forze di difesa israeliane (Idf), il ministro Gadi Eisenkot e il primo ministro Netanyahu lo considerarono «uno scenario improbabile». «Rinviare la decisione di effettuare un attacco preventivo su Gaza dopo giugno 2017 sarebbe un grave errore con conseguenze di vasta portata» scriveva Liberman. «Per certi aspetti, anche peggiori delle conseguenze della guerra dello Yom Kippur, quando si tratta di effetti sul fronte interno israeliano, sulla coscienza dei cittadini israeliani, sull'immagine e sullo status di Israele nell'area». Poi, come una veritiera profezia, l'ex ministro annunciava: «Hamas intende spostare il prossimo confronto in territorio israeliano dispiegando forze considerevoli e altamente qualificate (la forza Nukhba, per esempio) in territorio israeliano, conquistando al contempo una città israeliana (o anche delle città) nella Striscia di Gaza e prendendole in ostaggio, cosa che, oltre il danno fisico alle persone stesse danneggerebbe gravemente la coscienza e la morale degli israeliani».

La guerra tra Israele e Hamas fuori dalla Striscia

Nel dossier non mancava nemmeno l'avvertimento su quello che, oggi, dopo lo scoppio del conflitto fa salire la tensione in Medioriente e aumentare il rischio di un'escalation: la minaccia dell'Iran. «Potrebbero aprirsi nuovi fronti se Stati Uniti continuano appoggio a Israele» aveva affermato lo scorso 28 ottobre il ministro degli Esteri iraniano Hossei Amirabdollahian in un’intervista rilasciata a Bloomberg. «Se gli Stati Uniti continuano quello che hanno fatto finora, allora nuovi fronti potrebbero aprirsi contro di loro. Vorrei mettere in guardia sul fatto che continuare l’uccisione di donne e bambini renderà la situazione nella regione fuori controllo. Gli Stati Uniti devono decidere: vogliono intensificare la guerra?». Nel 2016 Liberman aveva previsto anche tutto questo: «Nuovi fronti - scriveva l'ex ministro - potrebbero aprirsi per gli Stati Uniti se continueranno ad appoggiare Israele in modo inequivocabile». E ancora: «Hamas vuole che la prossima campagna contro Israele si svolga su più fronti, aprendoli oltre alla Striscia di Gaza (Libano, Siria, Giordania, Sinai), e anche contro obiettivi ebraici in tutto il mondo». Non a caso poi l'ex ministro, in una nota a margine del dossier e scritta in grassetto, sottolineava: «Nel prossimo confronto, come parte della campagna su più fronti, Hamas all'estero sarà un partner attivo». 

Nel dossier il muro tra Israele e Palestina e i rischi

Liberman ammetteva anche che la barriera di separazione israeliana non forniva l'ampia protezione necessaria ai residenti dell'intera zona. «L'ostacolo alla sicurezza rappresentato da Gaza, con i suoi vari mezzi e capacità, è, ovviamente, un ingrediente importante nell'attuale strategia di difesa contro Gaza, ma non può essere una strategia da sola. La storia moderna e i precedenti passati dimostrano che le recinzioni e le fortificazioni non impediscono le guerre e non sono garanzia di pace e sicurezza». 

Ultimo aggiornamento: 1 Novembre, 08:05 © RIPRODUZIONE RISERVATA