​«A Sderot il nostro Ground Zero», testimone racconta la caccia all'ebreo dei terroristi di Hamas, il 7/10 come durante il nazismo

Della caserma della polizia municipale non restano che alcuni brutti monconi di cemento armato che spuntano dal terreno sui quali sventola la bandiera israeliana

Sabato 27 Gennaio 2024 di Franca Giansoldati
«A Sderot il nostro Ground Zero», testimone racconta la caccia all'ebreo dei terroristi di Hamas, il 7/10 come durante il nazismo

«Lo vedete? Quello è il nostro Ground Zero».

Con un cenno della mano un omone dallo sguardo intenso indica ad un gruppo di giornalisti un piazzale raso al suolo, posto al di là della strada. Della caserma della polizia municipale non restano che alcuni brutti monconi di cemento armato che spuntano dal terreno sui quali sventola la bandiera israeliana. Tutt'attorno ci sono palazzetti e altri edifici pubblici. L'area è appena stata sgombrata dalle macerie. Fino al 7 ottobre la cittadina israeliana di Sderot, a quarantacinque minuti d'auto da Tel Aviv, era un pullulare di attività, commerci, con gente che andava e veniva, scuole, imprese edili e squadre di operai al lavoro per realizzare aree abitative. Dall'8 di ottobre Sderot si è trasformata in un luogo spettrale, desolato e vuoto, per le strade da allora non c'è più nessuno e dei 37 mila abitanti - sfollati al sud, al sicuro, negli alberghi – non ne restano che pochi. «Siamo meno di quattromila, gli altri sono andati via. Non si sa quando potranno tornare, forse a fine febbraio, chissà». Koby Arush ha 65 anni e di mestiere fa il coordinatore per la sicurezza della municipalità. E' stato tra i primi testimoni della battaglia di Sderot iniziata quando una settantina di terroristi di Hamas, all'alba di quel tragico Sabato Nero, hanno forzato l'ingresso della città, penentrando in nove punti differenti, per seminare paure che si pensavano sepolte. E' partita la caccia all'ebreo, proprio come accadeva durante il nazismo.

MAPPE

«Siamo stati tutti colti di sorpresa, nessuno si aspettava niente del genere. E' ovviamente stato dato l'allarme ma come si fa in 15 secondi correre nei rifugi quando i terroristi sono già quasi davanti a te. Come fai in così poco tempo a raccogliere i bambini, gestirli, e metterli al sicuro. Quella mattina una decina di terroristi hanno preso il controllo della caserma dove poi si è svolta una battaglia. Hanno ucciso parecchi poliziotti. Avevano delle mappe, sapevano perfettamente dove andare, erano in possesso di informazioni strategiche, non erano sprovveduti. Sapevano chi eravamo, chi poteva avere armi, chi aveva cani. Nulla è stato lasciato al caso. L'obiettivo era di ucciderci perchè ebrei. Erano ben equipaggiati e dotati di armi di ultima generazione. Ammazzavan o più persone possibili gridando eccitati Allah-u-Akbar».

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Due cecchini si erano appostati sul tetto dell'edificio per ammazzare più persone possibili, man mano che queste cercavando di mettersi al riparo o avere informazioni si recavano alla stazione di polizia, ignari che era stata presa e sarebbero stati uccisi. Una carneficina. 

Di quello che rimaneva della stazione di polizia, dopo essere stato fatto saltare, è stato portato via dalle ruspe assieme ad altri detriti. Sull'asfalto, sui marciapiedi, tutt'attorno oggi non ci sono più tracce. «Costruiremo un'altra caserma di polizia che comprenda anche la centrale dei vigili del fuoco» dice Arush. A Sderot l'esercito è arrivato in ritardo, dopo nove, quando ormai i morti si contavano a decine e la battaglia è così continuata anche il giorno dopo. L'unico modo per capire se i terroristi erano davvero stati neutralizzati tutti dentro l'edificio era di raderlo al suolo, abbatterlo. «Quattro di loro sono riusciti a fuggire».

SHOAH

Ripensare a quei momenti, tornare a viverli nel racconto, non è facile. Arush cerca di darsi una spiegazione sul perchè l'esercito è arrivato tardi. L'unica ragione plausibile che si offre è che vi erano troppe poche truppe al confine con Gaza, era un periodo di festa. L'effetto sorpresa. «A Sderot le forze di polizia si sono trovate a combattere per ore e ore da sole, avevano persino finito le munizioni. Quando qualcosa deve andare storto, va storto. Eravamo atterriti e impauriti, non eravamo preparati a un evento del genere. Le pallottole fischiavano, le ho ancora nelle orecchie». Mentre Arush parla da un pullman scendono una ventina di persone. E' il primo a sorprendersi, le osserva un attimo e poi con un cenno saluta qualcuno. «Sono i dipendenti dell'ufficio postale» vale a dire la palazzina che sorgeva accanto alla caserma di polizia che non c'è più. Il nuovo Ground Zero. Su un lato dell'ufficio postale è stato disegnato un murales enorme. Si vede il momento in cui viene fatto saltare l'edificio, vale a dire la fine della battaglia davanti alla bandiera israeliana e quella dell'Onu. «Quello che è successo il 7 ottobre è stato un pogrom antisemita, gente che ha coltivato l'odio nel cuore, che ci voleva morti perchè ebrei». Arush si congeda dai giornalisti, un piccolo gruppo internazionale di un viaggio organizzato dall'American Jewish Commettee. «E' stato come negli anni del nazismo, scrivetelo per favore. Dopo essere sopravvissuto a questo non ho paura di morire di tumore».

Ultimo aggiornamento: 19:37 © RIPRODUZIONE RISERVATA