Un governo ha il diritto-dovere di realizzare le riforme su cui ha chiesto il voto. Altrimenti perché si fanno le elezioni?

Giovedì 11 Maggio 2023
Giorgia Meloni

Caro direttore,
è legittima l'aspirazione per chi governa "adeguare" l'assetto costituzionale dello Stato alle vedute politiche del partito da cui eletto. La riforma radicale dello Stato, in questi giorni presentata ai partiti di minoranza o anche a quelli che sono in coalizione in maggioranza, deve essere da tutti condivisa. Attualmente la Premier fa sapere che la "sua" proposta di Riforma dello Stato, se non accettata da dall'opposizione, procederà in solitaria. Si ha l'impressione, fortemente negativa, di una rivoluzione imposta, tipica di culture totalitarie. L'organizzazione dello Stato, dalle prerogative del Presidente della Repubblica a quelle del Presidente del consiglio, è espressione della Carta Costituzionale che ne determina poteri e obblighi degli organi costituzionali. Voler cambiare quanto esistente a colpi di maggioranza non conduce a buoni risultati.


Lettera firmata
Padova


Caro lettore,
l'espressione "a colpi di maggioranza" è un tipica circonlocuzione usata in politica dagli sconfitti per vanificare un risultato elettorale.

Ma se una coalizione ha proposto un programma che prevedeva tra i suoi punti principali una riforma in senso presidenzialista dello Stato e ha ottenuto su questo la maggioranza dei voti, perché non dovrebbe avere il diritto democratico di realizzarla? Anzi è un suo preciso dovere farlo, proprio per rispettare il patto stipulato con gli elettori al momento del voto. È paradossale l'idea che chi ha vinto le elezioni debba poi realizzare le riforme con il consenso di chi è stato sconfitto ed ha ovviamente sul tema opinioni del tutto diverse. Ed ancora più bizzarra la tesi che se ciò non accade significa che la maggioranza è animata da intenzioni totalitarie. Per talune materie, particolarmente sensibili, la nostra Costituzione prevede già percorsi e maggioranze parlamentari speciali e anche l'eventuale ricorso a un referendum popolare. Applicate e rispettate queste norme, non c'è nulla di anti-democratico nel fare le riforme, anche istituzionali, sulle quali si è chiesto il voto ai cittadini. Dovrebbe accadere così anche per le riforma in senso presidenzialista auspicata dal centro- destra. I partiti di maggioranza e di opposizione diranno ovviamente la loro. Si valuteranno le diverse proposte e si discuterà se assegnare un ruolo diverso al premier o invece al presidente della Repubblica o come eventualmente modificare la loro elezione. Ma se non si raggiungerà un "ampio" accordo, toccherà inevitabilmente al governo, com'è nei suoi compiti, scegliere e decidere cosa fare. E non potrà che avvenire a "colpi di maggioranza". La pretesa che senza il consenso di tutti non si possa farlo è in realtà solo il pretesto per impedire le riforme. Cioè per svuotare il risultato elettorale. Non esattamente un esercizio di rispetto dei principi democratici. E ciò vale per chiunque agisca in questo modo, sia di sinistra sia di destra.

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