Dietro la protesta degli "studenti in tenda" ci sono interessi politici evidenti. Ma la voce di questi ragazzi va ascoltata

Venerdì 12 Maggio 2023

Gentile Direttore,
in questi giorni studenti di tutta Italia si stanno accampando con tende nei pressi delle Università statali delle città più richieste come Milano o Padova per il caro affitti e trasporti che gravano sui cosiddetti fuori sede. Se penso che ormai sedi universitarie possiamo trovarle ovunque nel nostro paese e i cui docenti saranno ugualmente competenti e prestigiosi, mi sembra poco ragionevole, e pure poco conveniente economicamente ed esistenzialmente, che uno studente ad esempio di Bari non trovi appetibile laurearsi vicino a casa, risparmiando tempo e denaro e finire con maggior profitto gli studi. Se esiste, ed è vero, che il problema di tipo economico da sempre può ostacolare la possibilità dei "capaci e meritevoli" di raggiungere i più alti gradi di istruzione, come dice la nostra Costituzione, come mai nessun studente protesta contro le tasse universitarie, quelle sì sempre più onerose, veramente inique e che impediscono un pieno godimento del diritto allo studio?

Donatella Ravanello
Jesolo


Cara lettrice,
ogni protesta si presta a letture molto diverse.

Per esempio potremmo chiederci se in presenza di un governo di segno diverso da quella attuale, l'Unione degli studenti universitari, vicina alla Cgil, avrebbe promosso con tanta energia questa iniziativa e sostenuto i "ragazzi delle tende" e anche se alcuni organi di informazione avrebbero dato l'onore della prima pagina a questa protesta. Perché, come ben sa chiunque abbia avuto o abbia figli che frequentano università fuori sede, non è certo dal maggio 2023 che gli affitti per studenti, in particolare in alcune città, sono molto elevati e quasi proibitivi per tante famiglie. Tuttavia, al netto di ogni strumentalizzazione politica, credo che di fronte ad ogni protesta, sopratutto quando proviene dal mondo giovanile, bisogna sforzarsi di comprendere le ragioni del disagio e i segnali che essa vuol mandare al resto della società. Come prima cosa penso dovremmo imparare a giudicare le scelte e anche le proteste dei nostri ragazzi con occhi diversi, non assumendo il nostro mondo (passato) come unico punto di riferimento. Le esigenze, il modo di essere, di vivere il presente e di immaginare il futuro proprio e degli altri, lo studio e il lavoro, sono profondamente cambiati, a maggior ragione dopo il Covid. Non si può ignorarlo e non tenerne conto. Dovremmo anche chiederci che tipo di messaggi e segnali abbiano dato noi come comunità a questi ragazzi? Di uno Stato che pensa a loro e investe su di loro? E in quale modo? Forse elargendo redditi a chi, senza merito alcuno, semplicemente non vuole studiare e neppure lavorare? O forse consentendo che i nostri centri storici espellessero gli studenti per far posto ai più remunerativi turisti del week end? O perpetuando nelle università e non solo logiche familistiche e di appartenenza? O forse bloccando l'ascensore sociale per proteggere generazioni più influenti e più "pesanti" sul piano politico ed elettorale? Fermiamoci qui. Ma sforziamoci di capire che, oltre a qualche gruppo di "indignati e arrabbiati a comando" abbiamo di fronte soprattutto ragazzi che chiedono più attenzione e considerazione per loro, per le loro ambizioni, per le loro esigenze, per il loro futuro. Credo sia interesse di tutti ascoltarli.

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