Colonia, quella realtà che molti
non vogliono vedere ed accettare

Sabato 9 Gennaio 2016
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Caro direttore,
chissà perché le voci, le poche prese di posizione, che sento dopo i fatti di Colonia a Capodanno, non mi tranquillizzano ma anzi mi raggiungono con il solo effetto di cristallizzare un mondo che ci vede oramai assuefatti a tutto. La gravità degli episodi avvenuti e il fatto che nessuno sembra essersene accorto, è inconcepibile. Personalmente il tutto mi genera una grande diffidenza rispetto ciò che appare accompagnato da un grande disprezzo nei confronti di ciò che realmente è. Dire che la realtà in sè è priva di valori è diventata una grande ovvietà, falso? Ma non è mia intenzione filosofare, qui si tratta di un atto di pura delinquenza di gruppo nei confronti di cittadine donne. Cittadine, e con questo termine voglio andare oltre, oltre al genere, voglio vedere questi tragici fatti con gli occhi, non solo di donna ma di una donna che si occupa del bene pubblico, dei suoi cittadini, delle sue cittadine. E da questo punto di vista, noi non possiamo pensare a codici comportamentali per le nostre donne, a limitarne la libertà, a chiedere che passeggino sempre in compagnia o non escano di sera, noi, dobbiamo garantire l’incolumità delle nostre cittadine, di tutti i nostri cittadini. Non posso che auspicare pene esemplari, e magari provvedimenti unitari europei, urgenti, impellenti, ormai necessari in un assetto sociale cambiato, in una convivenza difficile, in cui culture diverse vedono le donne deboli e possibili soggetti di violenza. In un contesto come questo, in cui i reati sono diversi, gravi, anche predatori, non codificabili, urge, anche per noi, ed è questo che il governo deve mettere il alto alle priorità, la riforma della giustizia, del codice penale in primis. Consapevoli del fatto che con quello che sta accadendo, siamo sguarniti di risposte e di strumenti.

Deborah Onisto

Venezia

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Cara lettrice,
non è proprio vero che in pochi si sono accorti di ciò che è accaduto a Colonia e in altre città europee a Capodanno. La realtà credo e temo sia è un'altra: la "caccia alle donne" che è andata ignobilmente in scena nel centro di una delle città considerata fra le più aperte e tolleranti d'Europa, ha messo tutti di fronte alla realtà che per molti è difficile da accettare. È bastata una notte di terrificante e diffusa violenza per mandare in frantumi tante false certezze e tante dotte dissertazioni sull'accoglienza e sull'integrazione. Che sono principi di civiltà da difendere e mantenere, ma che devono essere declinati e gestiti nella consapevolezza dei rischi e delle incognite che certi processi portano con sè. Non possiamo accogliere chiunque, dovunque e senza limite alcuno. 
Non possiamo non tener conto di secolari differenze culturali, non possiamo ignorare che in altre parti del mondo i rapporti tra uomo e donna sono agli antipodi della nostra civiltà. Le porte aperte sempre e comunque e la tolleranza confusa con l'inettitudine non sono i capisaldi di seria politica dell'immigrazione. Ne sono invece la negazione. Sono i sintomi gravi di una civiltà smarrita, che ha perso il rispetto per se stessa e non sembra comprendere quale sia la posta in gioco. Colonia è innanzitutto la conseguenza di tutto questo. La richiesta di pene esemplari per i responsabili delle violenze è sacrosanta, come lo è quella di riforme. Ma non basta. Bisogna comprendere che la gestione dei flussi migratori è la sfida epocale con cui l'Europa è chiamata a misurarsi nei prossimi anni. E purtroppo larga parte della classe politica europea non sembra attrezzata a farlo.
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