L'indagine è un atto dovuto, ma così pure la difesa di un carabiniere che ha sparato per salvare un collega

Martedì 18 Luglio 2023

Caro direttore,
un delinquente che spara non si attiene a nessuna regola, salvo quella di sparare per primo; sa inoltre di rischiare un decimo di quello che meriterebbe se in Italia la legge fosse un po' più giusta. Quando a sparare sono le forze dell'ordine, c'è sempre lo zelante Pm di turno che indaga se questi si è attenuto a tutte le regole dell'ordinamento. Facile da dietro una scrivania stabilire come ci si doveva comportare, provassero per una volta ad essere al centro del contesto in cui in un secondo devi decidere se vivere o morire, o salvare la vita di un compagno. A che scopo vengono armate le forze dell'ordine se non possono usare le armi senza rischiare di essere incriminati? Tanto vale disarmarli, non rischierebbero più di essere accusati, ma semplicemente di essere ammazzati.

Gerardo


Caro lettore,
in queste situazioni l'avvio di un'indagine e quindi l'individuazione di un'ipotesi di reato, nel caso specifico l'eccesso di legittima difesa, è, come si dice, "un atto dovuto", cioè un passaggio necessario per aprire un'inchiesta giudiziaria e appurare l'andamento dei fatti. Purtroppo però i fatti, quelli che tutti conosciamo, sembrano già parlare molto chiaro. E ci raccontano di uno stalker, cioè di un violento molestatore, ucciso da due colpi di pistola da un carabiniere che ha sparato per difendere e salvare il proprio collega su cui lo stalker si era avventato con un coltello a serramanico dopo averlo travolto e ferito con la sua auto. Questo carabiniere è attualmente ricoverato all'ospedale in gravi condizioni e rischia l'amputazione della gamba. Lui e il suo collega, lo ricordiamo, erano intervenuti chiamati dalla ex moglie dello stalker, perché costui aveva violato il divieto di avvicinarsi alla sua ex consorte. Ignoriamo quali fossero le intenzioni dello stalker, ma visto come sono andate le cose e la violenza di cui si è dimostrato capace, c'è da credere che le sue intenzioni nei confronti della ex moglie non fossero esattamente benevoli. Ora le domande che chiunque si pone sono semplici: cosa doveva fare il carabiniere di fronte alla ferocia dello stalker? Lasciare che uccidesse il suo collega e poi si avventasse magari su di lui? Sparare in aria nella speranza, assai improbabile, che lo stalker desistesse e con il rischio che nel frattempo il proprio collega venisse colpito da una coltellata decisiva e letale dello stalker? La magistratura deve naturalmente fare il suo dovere. Ma a noi pare che, pur di fronte al sentimento di umana pietas che qualsiasi morte provoca, il carabiniere abbia fatto il suo dovere: intervenendo per salvare una donna e poi per salvare il proprio collega che, non a caso, mentre lo stalker lo stava aggredendo gli avrebbe urlato: "Spara, spara". Il nostro carabiniere, per ciò che è accaduto, ha già subito un trauma e un dolore profondi. Sarebbe bene che lo Stato che difende e per cui ha rischiato la vita evitasse perlomeno di umiliarlo (e con lui di umiliare tanti altri suoi colleghi) facendolo finire sul banco degli imputati. Anche questo dovrebbe essere un "atto dovuto".

      

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