Covid, calo di nascite: Lodi la prima zona rossa che riparte dai bebè

Domenica 20 Giugno 2021
Covid, calo di nascite: Lodi la prima zona rossa che riparte dai bebè

Le conseguenze del Covid si riscontrano anche nelle nascite. Un anno nero il 2020 che ha fatto registrare anche un'importante denatilità in Italia. Nel 2019 erano venuti al mondo in 553 all'ospedale di Lodi.

Nel 2020, anno della pandemia di Covid-19, nella prima zona rossa d'Italia il numero di parti si era fermato a 469. Nel 2021, complice forse un 'effetto lockdown' e l'aumento del tempo trascorso chiusi in casa, in 6 mesi si è già raggiunto il dato complessivo dell'anno nero del virus: i parti conteggiati dall'Asst lodigiana sono a quota 465, di cui 5 gemellari. Il che porta il numero di bebè a quota 470. Sono dati che fanno riferimento ai soli nati nel contesto della singola Asst di Lodi, ma rappresentano un piccolo segno di speranza su cui oggi, in occasione di un convegno web dal titolo “Nascere e ri-Nascere nel Lodigiano al tempo del Covid-19 si è voluto mettere l'accento.

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Missione: sensibilizzare sul problema della denatalità del territorio e illustrare le strategie messe a punto dalla Regione Lombardia per sostenere le famiglie. La Provincia di Lodi è stata la prima in Italia (e in Europa) a dover affrontare l'emergenza sanitaria dovuta a Covid-19. I rischi e i timori per la salute, uniti alle difficoltà economiche e alla necessità di riorganizzare la routine familiare, «hanno avuto un impatto negativo sui progetti di vita delle persone, in particolare delle generazioni più giovani, amplificando un sentimento di incertezza nei confronti del futuro già diffuso prima della pandemia», riflettono gli esperti. «Il calo delle nascite evidenziato a livello locale, peraltro in linea con i dati nazionali, è stato uno degli effetti di questa situazione di incertezza. Nel 2020 in Italia sono nati appena 404 mila bambini, 16 mila in meno rispetto al 2019, il 30% in meno rispetto al 2008. E per il 2021 si prevede un'ulteriore contrazione delle nascite», è la riflessione.

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«Anche in Lombardia, la regione più produttiva del Paese, la pandemia ha causato un evidente calo delle nascite, che ha toccato il suo picco nel dicembre dello scorso anno. Si tratta di un calo generalizzato, che è stato registrato in tutte le province, più o meno intenso a seconda delle zone», sottolinea Alessandra Locatelli, Assessore regionale alla Famiglia, Solidarietà sociale, Disabilità e Pari opportunità. «Per far fronte a questa significativa riduzione delle nascite - prosegue - Regione Lombardia ha messo in campo un pacchetto straordinario di aiuti. Oltre alle consuete misure come 'Nidi gratis', che azzera la retta del nido alle famiglie lombarde a basso reddito, quest'anno abbiamo stanziato 32,4 milioni di euro con il bando 'Protezione Famiglià, volto a supportare le famiglie con figli minori, rispondendo ai bisogni di natura socioeconomica legati al perdurare della situazione emergenziale. Nel giro di pochi giorni hanno presentato domanda 72 mila nuclei». La grande adesione a questo bando, sottolinea Locatelli, «ci fa comprendere ancora di più quanto le famiglie lombarde siano in difficoltà». Il lavoro continua. «Proprio questa settimana abbiamo avviato il ciclo di incontri 'Lombardia è famiglià, che vedono coinvolti i principali stakeholder e le associazioni lombarde, con lo scopo di aggiornare al nuovo contesto la legge regionale 23/99 e di lavorare allo sviluppo di un modello innovativo per supportare e valorizzazione le famiglie».

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L'Italia, aggiunge Irene Cetin, professore di Ostetricia e Ginecologia all'università degli Studi di Milano e direttore del Dipartimento Donna, Mamma e Neonato dell'Asst Fatebenefratelli Sacco, «presenta uno dei tassi di natalità più bassi del mondo. Dal 2010 si è verificato un ulteriore progressivo calo del numero di nascite nel Paese e in Lombardia, un fenomeno con molte possibili cause, a partire dall'età della donna che aumenta al primo figlio, una delle principali cause della diminuzione della fecondità e del ricorso a tecniche di riproduzione assistita. Questa situazione è stata aggravata dalla pandemia, che ha creato una situazione d'incertezza con ripercussioni già evidenti alla fine del 2020». La riduzione del numero dei parti, prosegue l'esperta, «porta a considerazioni su quale sia la migliore organizzazione dei punti nascita, i livelli di cura, e se la qualità delle cure dipenda anche dal numero dei parti del punto nascita». Per quanto riguarda Lodi il punto nascita dell'Asst ha sede all'ospedale Maggiore e punta a garantire alle donne residenti nel Lodigiano di essere seguite lungo tutta la gravidanza e nel post-partum grazie ai servizi offerti dalla rete territoriale e alla sinergia tra ospedale e territorio. Dopo lo stop imposto dal Covid, nei mesi scorsi sono stati riammessi i papà in sala parto e nei reparti ed è stata riattivata la sala con la vasca per il travaglio e il parto in acqua. Una volta dimesse, le neo-mamme vengono seguite direttamente a domicilio con le ostetriche di famiglia che nell'ultimo anno hanno effettuato oltre 1.000 home visiting sul territorio della provincia. La risposta delle pazienti sul gradimento di questo servizio è stata molto alta, con un tasso di customer satisfaction del 90%. «Obiettivo presidiare l'intero distretto attraverso la Rete integrata materno-infantile - dichiara Salvatore Gioia, direttore generale dell'Asst di Lodi - In tal senso si devono leggere le iniziative di potenziamento e gli investimenti in corso, relativi ad esempio al rifacimento del reparto di patologia neonatale sul presidio di Lodi e la creazione di un'Area Rosa su Codogno; sempre in quest'ottica il forte investimento in risorse ostetriche, teso a potenziare in particolare l'offerta territoriale».

Ultimo aggiornamento: 14:32 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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