Ospizi marini. Così, nell'Ottocento, erano chiamate le colonie, dove i bimbi di famiglie con più figli che risorse per mantenerli, venivano mandati a trascorrere l'estate, quando avevano problemi di salute. Perché l'aria di mare faceva bene, stare al sole donava un miglior colorito e i problemi, per un po', sembravano meno difficili da affrontare. I sanatori di un tempo successivamente sarebbero diventati un elemento chiave del turismo di massa, salvo poi essere chiusi, abbandonati, in alcuni casi abbattuti. A ripensare le colonie, cercando di dare loro una nuova giovinezza, ora è la Regione Emilia Romagna, che con il Comune di Rimini e altri centri della costa, intende valorizzare quelle strutture con strumenti urbanistici per favorire la loro riqualificazione, liberandole da norme e vincoli che, finora, sono stati di ostacolo agli investimenti.
Tornano le colonie: il progetto
A intrecciarsi sono più temi.
Da un lato, c'è il contrasto al degrado. Molte colonie, nel tempo, sono diventate rifugio per sbandati. Dall'altro, c'è il potenziale da sfruttare degli edifici, non di rado firmati da grandi architetti, che potrebbero ancora essere importanti per il turismo. E poi c'è la questione della memoria di un Paese, che, per decenni, in quelle strutture, ha prima curato, poi cresciuto, infine fatto divertire i propri giovani e giovanissimi, regalando loro la gratificante sensazione di essere autonomi in comunità a misura di bambino. Se l'Ottocento, infatti, ideò gli ospizi come luoghi di cura, forte degli studi su elioterapia e talassoterapia il primo nacque nel 1822, quando l'ospedale di Lucca iniziò a organizzare soggiorni curativi per bimbi a Viareggio - il Novecento cambiò sguardo e filosofia, passando dalla cura del corpo allo svago dell'animo. Le strutture che prima erano sanatori diventarono basi per turismo e formazione giovanile, moltiplicandosi con il Fascismo e contribuendo a ridisegnare orizzonte e costumi del Paese. Dopo la Seconda Guerra Mondiale, fu riconosciuto il valore formativo delle colonie, per questo aperte a tutti, senza più questioni di censo. Con il passare dei decenni e il cambiamento di secolo, dunque, dalle colonie gestite da associazioni benefiche si passò ad altre gestite dalle Amministrazioni o da titolari di aziende per i figli dei dipendenti.
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