Il colmo: operai senza casco di protezione arrampicati su impalcature mobili mentre riparano la facciata d’ingresso della Procura di Roma, dove si perseguono - tra gli altri - i responsabili degli incidenti sul lavoro.
Rifiuti, degrado, giardini chiusi e verde abbandonato: il grido d'allarme di Prati
SOFFITTI CADENTI
Ma Roma non è di certo la “cenerentola” dell’edilizia giudiziaria italiana. Da un dossier fotografico raccolto dall’Associazione nazionale magistrati emerge che, in questo ambito, tutto la “penisola è paese”. Nella sezione distaccata di Ortona del Tribunale di Chieti i pannelli del controsoffitto sono parzialmente crollati; stesso scenario si ritrova sopra le scale della Corte d’appello di Bari, alla Procura di Campobasso e nel tribunale di Biella. Insomma, chi cammina per i corridoi di questi e altri palazzi di giustizia deve stare sempre “in campana”, con il naso all’insù. Basti penare al crollo di una porzione di soffitto di una segreteria dell’edificio B del Tribunale penale di Roma, avvenuto fortunatamente durante la notte di lunedì scorso. I calcinacci sono finiti su una scrivania, in quel momento vuota. La cancelliera ha evitato il peggio solo per un caso fortuito.
MUFFE E CREPE
I magistrati hanno poi titolato “impressionismo giudiziario” la serie di immagini che ritraggono muffe sulle pareti dell’aula del Tribunale di Cassino e di Alessandria, profonde crepe nei muri della Procura di Sulmona e intonaci scollati nei corridoi dei Tribunali di Frosinone e Catania. Nel book fotografico degli orrori ci sono anche i vetri rotti della stanza di un pm a Roma, la porta scardinata dell’ufficio di un giudice di Cassino e quella arrugginita di un collega di Messina. L’aula di udienza della sezione penale di Biella, in un solo scatto, dà la misura del degrado dell’edilizia giudiziaria: sedie e pc in disuso accumulati dietro il banco della giuria e due scritte sovrapposte “La legge uguale per tutti”, una delle quali scolorita.
CAVI ELETTRICI E ARCHIVI
In barba alla sicurezza sui luoghi di lavoro, è frequente trovare cavi elettrici scoperti e prese sradicate. Chi malauguratamente - tra magistrati, avvocati e cancellieri - dovesse trovarsi a calpestare questi fili con le scarpe bagnate rischia di fare una brutta fine. Per non parlare poi della situazione indecorosa degli archivi. Per mancanza di spazio i fascicoli vengono ammassati ovunque, persino nel bagno del Tribunale di Cassino. A Catania, per il peso dei faldoni, sono crollati gli scaffali dell’archivio e a Chieti a causa dell’umidità le carte processuali sono ormai illeggibili, con pagine annerite e incollate. Nel Tribunale di Bari i fascicoli vengono sistemati nelle scale; mentre nella Procura della Capitale, quelli destinati al macero sono impilati nel piano sotterraneo, vicino al bar: dati sensibili vengono lasciati in pasto a chiunque va a prendersi un caffè o un tramezzino, alla faccia della privacy di indagati e imputati. «Servirebbe un manager per gestire l’edilizia dei tribunali grandi come quello di Roma, non un magistrato», commenta il giudice Alfonso Sabella.