Scudo penale ai medici, ogni anno 35mila cause: i chirurghi i più colpiti

Le associazioni di categoria plaudono all’iniziativa di governo e maggioranza. Sanitari costretti a ricorrere alla “medicina difensiva” per tutelarsi: lo Stato paga 10 miliardi

Lunedì 15 Gennaio 2024 di Graziella Melina
Scudo penale ai medici, ogni anno 35mila cause: i chirurghi i più colpiti

La pressione prima di entrare in sala operatoria ormai è sempre più crescente.

E non solo per la carenza di medici o per i turni massacranti. A rendere difficile il lavoro dei chirurghi è il rischio che dopo l’intervento, se non tutto va come preventivato, possa piombare all’improvviso una denuncia da parte del malato o dei familiari. Negli ultimi anni, il rapporto medico paziente si va infatti sempre più affievolendo e l’assistenza medica è considerata ormai un servizio come tutti gli altri. Con la conseguenza che se il risultato di un intervento non soddisfa arriva la richiesta di danni. Per avere contezza del fenomeno che da anni provoca non poche crisi di nervi tra le corsie, basta dare un’occhiata ai dati dell’Acoi, l’Associazione Chirurghi Ospedalieri Italiani: sono circa 300mila le cause per colpa medica attualmente in corso, 35mila le richieste di risarcimento all’anno. Per questo, da più parti, si giudica positivamente «l’intervento del ministro Schillaci e della maggioranza per depenalizzare i reati dei medici», come sottolineano diverse sigle sanitarie. La maggior parte riguarda l’attività chirurgica (38,4%), omesse o errate diagnosi (20,7%), errori terapeutici (10,8%), infezioni nosocomiali (6,7%). E così per i medici cresce a dismisura paura di sbagliare diagnosi. «La medicina difensiva, ossia la richiesta di visite o esami o farmaci superflui da un punto di vista clinico ma utili nel caso di contenzioso – ammette Francesco Nardacchione, segretario nazionale dell’Acoi e chirurgo dell’Asl Roma 2 - risulta in crescita». 

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I costi

Per le casse dello stato, un problema non di poco conto. L’Agenas calcola che il peso economico del fenomeno si aggira attorno ai 10 miliardi di euro l’anno. E non va meglio neanche per il singolo contribuente che avrebbe invece bisogno di maggiori servizi sanitari e liste di attesa più corte. «Si stima che in Italia la medicina difensiva abbia un costo di 165 euro pro capite – rimarca Nardacchione – senza che ciò corrisponda ad un aumento di qualità e sicurezza del servizio sanitario. Si aggiunga poi l’aumento dei premi assicurativi a carico del personale sanitario, sino ad arrivare alla conseguente limitazione del diritto alla salute riconosciuto dall’articolo 32 della costituzione». Ogni medico cerca di proteggersi dal rischio di incorrere in errori. E allora, visto che non tutte le aziende sanitarie hanno una copertura assicurativa, fanno di tasca propria: la spesa annua varia dai 10mila ai 15mila euro. Un salasso per i medici giovani, che prendono circa 2700 euro netti al mese; peggio per gli specializzandi (1800 euro al mese). Senza contare che molti professionisti sanitari non riescono ad ottenere un’adeguata copertura assicurativa sul mercato per i costi eccessivamente alti delle polizze. Secondo i dati elaborati dalla Federazione Cimo Fesmed delle circa 16mila denunce di sinistro ricevute dalle compagnie nel 2020, 7.700 sono rivolte al singolo sanitario e le restanti alle strutture sanitarie pubbliche e private. La questione è nota da tempo. E di recente la Federazione nazionale degli Ordini dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri (Fnomceo) in audizione alla Commissione Affari Sociali della Camera dei Deputati lo ha ribadito: «La sicurezza delle cure è una delle sfide più importanti e il raggiungimento di tale obiettivo non può prescindere da una appropriata regolamentazione della valutazione e gestione del rischio clinico e delle responsabilità professionali». E ancora: «È giusto prevedere una norma che sollevi i professionisti sanitari dalla responsabilità penale in tutti quei casi di morte o lesioni diversi dalla colpa grave. E prevedere poi un risarcimento per quei professionisti ingiustamente accusati, attraverso l’introduzione dell’istituto della lite temeraria». 

Le reazioni

Pierino Di Silverio, segretario nazionale di Anaao Assomed, aggiunge: «Depenalizzare l’atto medico come vuole fare il governo non significa sottrarsi a eventuali responsabilità, bensì prendere atto che il medico non può essere sottoposto a tre tribunali (ospedaliero, ordinistico e civile) e che per giudicare non si può partire da una presunzione di colpevolezza». La speranza è riposta nel tavolo tra il ministero della Giustizia e della Salute per lo studio e l’approfondimento della colpa professionale medica e per una revisione della legge Bianco-Gelli che prevede tra l’altro che il medico non può essere punito per imperizia se si è attenuto alle raccomandazioni pubblicate, non è più sottoposto a sanzioni penali per colpa lieve, ma viene punito solo in caso di colpa grave. Ma la norma sulla sicurezza delle cure, varata nel 2017, non è stata ancora attuata pienamente per la mancanza di decreti attuativi.

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