Grandi elettori regionali: 34 al centrosinistra, 24 al centrodestra

Mercoledì 14 Gennaio 2015 di Antonio Calitri
Grandi elettori regionali: 34 al centrosinistra, 24 al centrodestra
ROMA Appena ufficializzate le dimissioni di Giorgio Napolitano, tutti i 20 consigli regionali devono essere convocati per eleggere entro i successivi 15 giorni i rappresentanti delle regioni per la partecipazione al voto del prossimo Presidente della Repubblica. Si tratta di 58 grandi elettori regionali, tre per ogni regione ad esclusione della Valle d'Aosta che ne elegge solo uno; questi si aggiungono a deputati, senatori e senatori a vita e possono modificare gli equilibri. Dei tre grandi elettori regionali, di solito ne vengono attribuiti due alla maggioranza, quasi sempre presidente del consiglio regionale e governatore, e uno all'opposizione. Per la seconda elezione di Napolitano, nel 2013 i grandi elettori regionali erano divisi esattamente a metà, 29 per il centrosinistra e per il centrodestra.



CAMBIO DI FRONTE

In questi 21 mesi trascorsi dalla rielezione dell'aprile 2013, sono stati rinnovati ben sei consigli regionali, cinque dei quali con un capovolgimento della maggioranza passata dal centrodestra al centrosinistra. Fatta eccezione dell'Emilia Romagna già nelle mani del centrosinistra, sono cambiate le maggioranze di Friuli Venezia Giulia, Piemonte, Calabria, Sardegna e Abruzzo, che modificheranno la composizione dei grandi elettori in 34 per il centrosinistra contro 24 per il centrodestra.



Un risultato che sulla carta dovrebbe portare un differenziale di 10 elettori per il Pd e per il candidato presidente di Matteo Renzi. Ma non è detto che sia esattamente così e ci potrebbe essere addirittura un deficit rispetto alla scorsa tornata. Già, perché fatta eccezione per il Friuli Venezia Giulia dove è stata eletta alla presidenza della regione la franceschiniana ed ora renziana di ferro Debora Serracchiani, sulle altre regioni c'è un grande punto interrogativo e lo stesso vicesegretario dei democratici Lorenzo Guerini non mette la mano sul fuoco per il voto dei governatori, men che meno per i secondi eletti. In Sardegna c'è il professor Francesco Pigliaru che da professore più che da politico, conserva la sua indipendenza intellettuale.



Non risponde a Renzi sicuramente il nuovo governatore della Calabria Mario Oliverio, che si è candidato alle primarie sostenuto da bersaniani e dalemiani e ha sconfitto proprio il candidato del premier Gianluca Callipo, prima di battere la berlusconiana Wanda Ferro alle regionali. In Piemonte a guidare la regione e la truppa della delegazione quirinalizia c'è Sergio Chiamparino che è sì un renziano, seppur della seconda ora, ma anche lui negli ultimi anni ci ha abituati a scatti d'indipendenza rispetto alle decisioni del partito democratico, da chiunque questo fosse guidato. In Abruzzo poi come governatore c'è quel Luciano D'Alfonso che l'anno scorso si è imposto vincendo le primarie con il 76% sia al partito che soprattutto a Renzi che non era convinto della sua candidatura a causa dell'imputazione in appello che aveva in corso, seppur dopo essere stato assolto in primo grado per una vicenda legata alla sua esperienza di sindaco di Pescara.



VECCHIA GUARDIA PD

Senza dimenticare la stessa Emilia Romagna dove è vero che non è cambiata la maggioranza ma il nuovo governatore Stefano Bonaccini nasce come bersaniano, è diventato renziano durante le primarie per l'elezione del segretario del Pd ma durante la campagna per le regionali ha riallacciato i rapporti con gran parte della vecchia guardia del partito, da Pier Luigi Bersani a Vasco Errani e scendendo, a tutti i funzionari ex Pci, Pds, Ds del territorio.



INCOGNITA FITTIANI

A tutto questo poi, nelle regioni che hanno cambiato la maggioranza, il rappresentante del centrodestra potrebbe non rispondere a Silvio Berlusconi ma a Raffaele Fitto che sta lavorando alacremente per rimpinguare la squadra dei frondisti. E sempre l'ex ministro sta lavorando per conquistare altri elettori che non rispondano al patto del Nazareno in diverse regioni, a partire dalla Campania dove il secondo nome del centrodestra dopo il governatore Stefano Caldoro dovrebbe essere suo. Infine c'è la Puglia dove non è cambiato il governo ma Renzi e il Pd potrebbero perdere un voto. Nel 2013 infatti, nell'indecisione di optare per il parlamento o la regione, Nichi Vendola restò fuori dai grandi elettori, cosa che questa volta non ha nessuna intenzione di ripetere.
Ultimo aggiornamento: 14:57

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