Julie Tronet suicida a Lecce dopo lo stupro. Il ragazzo sotto accusa: «Rapporto consensuale». L'ospedale: «Piangeva, era spaventata»

La 21enne francese trovata impiccata in casa, il giovane è indagato per "istigazione al suicidio e violenza sessuale"

Giovedì 26 Ottobre 2023 di Mario Landi
Julie Tronet suicida a Lecce dopo lo stupro. L'ospedale: «Piangeva, era spaventata». La mamma: «Ora sei una stella in cielo»

«Aiuto, sono stata violentata». Poche parole intrise di dolore, pronunciate con voce flebile e con un italiano appena accennato, per chiedere aiuto ai sanitari in pronto soccorso. Un racconto di sofferenza, a cui Julie Tronet, la studentessa francese di 21 anni trovata morta domenica scorsa nel suo appartamento in zona San Pio a Lecce, non ha retto. Intanto, un giovane è iscritto nel registro degli indagati per istigazione al suicidio e violenza sessuale.

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Julie Tronet suicida, chi era

 

Alcuni giorni prima dell'estremo gesto però, precisamente giovedì 19 ottobre intorno alle 16.20, la studentessa francese si era recata all'ospedale "Fazzi" di Lecce, accompagnata al triage ospedaliero da due ragazze, che si sarebbero presentate come mediatrici linguistiche universitarie per il progetto Erasmus. Julie era arrivata in Salento da poco tempo e sarebbe dovuta restare sino a fine anno. Conosceva pochissimo la lingua italiana e per questo preferiva affidarsi alle interpreti nella traduzione dal francese o dall'inglese. Davanti all'infermiera però è arrivata la raggelante confessione della ragazza: «Mi hanno violentata». Poi il pianto sofferto, stretta nell'abbraccio di una delle accompagnatrici.

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IL SOCCORSO

Immediato in pronto soccorso è scattato l'allarme ed è stato avviato il percorso dedicato per la presa in carico e il trattamento diagnostico terapeutico all'interno della "Stanza Rosa" per le donne vittime di violenza sessuale. In pochi minuti la ragazza è stata raggiunta da una ginecologa e da un'ostetrica. «La studentessa non parlava italiano, era silenziosa ma visibilmente turbata», è quanto lasciato trapelare dai sanitari. Con l'aiuto delle due interpreti le dottoresse avrebbero provato a dialogare con la ragazza, a comprendere il suo dolore e a spiegarle il percorso da seguire nella stanza Rosa attivata al "Fazzi" nel novembre 2022: un ambiente riservato, dedicato alle donne che hanno subito violenza e ai loro figli nei casi in cui abbiano assistito ai soprusi. Uno spazio accogliente nel quale la donna è accolta, ascoltata, non giudicata, curata, protetta e aiutata. Alle dottoresse intervenute, la giovane avrebbe raccontato di essere stata violentata nella notte, circa 12 ore prima dal suo accesso in pronto soccorso. Negli occhi della giovane, ad ogni parola pronunciata emergeva dolore e smarrimento. La conversazione in inglese tra medico e paziente è durata ancora pochi minuti. Poi, la studentessa vestita in abiti scuri, quasi a volere mascherare le difficoltà del momento, ha rifiutato la visita medica.

«La ragazza era visibilmente provata e con estrema delicatezza abbiamo provato a convincerla a farsi visitare ma non è stato possibile avvicinarla. Ha rifiutato ogni accertamento chiudendosi nel suo silenzio», rivelano ancora dal nosocomio leccese. A questo punto i sanitari avrebbero proposto alla ragazza di denunciare l'episodio alle forze dell'ordine e tornare il giorno seguente in ospedale per un incontro con lo psicologo, ma nulla avrebbe convinto la 21enne francese, che dopo aver firmato le dimissioni avrebbe quindi lasciato l'ospedale accompagnata dalle due interpreti. Forse la giovane era ancora troppo scossa e incapace di raccontare quanto subito alcune ore prima. Un dolore, forse confessato ad alcune amiche, e riportato solo nel diario ritrovato nella camera da letto, in cui la 21enne avrebbe scritto, in francese, un messaggio di addio ai genitori.

LA DIFESA DEL RAGAZZO

Avrebbe confermato ai poliziotti il rapporto sessuale, escludendo, però, ogni tipo di violenza. «Il rapporto era consensuale», ha detto. È quanto ha raccontato agli investigatori, come riferiscono fonti della difesa, il 19enne del Brindisino indagato per violenza sessuale e istigazione al suicidio nell'inchiesta per la morte della 21enne francese. Al momento il giovane, difeso dall'avvocato Aldo Gianfreda, ha rilasciato solo dichiarazioni spontanee ai poliziotti durante le fasi del sequestro del telefonino: non è stato quindi sottoposto ad interrogatorio. Secondo quanto riferito dal legale, i due si sarebbero conosciuti tra i locali della movida leccese il 18 ottobre. Con loro c'era anche una studentessa bielorussa che - ritiene la difesa - avrebbe assistito per strada al clima disteso tra il 19enne e la studentessa francese. Poi i due sarebbe saliti nell'appartamento dove viveva la 21enne. Prima di lasciare la casa il giovane si è scattato un selfie, chiarisce la difesa, «in assoluta buona fede».

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I SOCIAL

La mamma di Julie, a notte fonda, ha cambiato la foto del profilo di Facebook. C'è la sua bambina in primo piano, accanto a un cane. Julie amava tanto gli animali, sulla sua bacheca sono moltissimi i post che ritraggono gli amici a quattro zampe al suo fianco. «Il cuore è a pezzi. Non c'è niente di peggio per una madre». I messaggi di cordoglio affollano la timeline. Proprio sotto il sorriso timido di una ventenne prodigio.

A 17 anni, accompagnata dal padre, era arrivata a Lille. Universitaria, borsista. Il giornale "La voix du Nord" l'aveva intervistata. Era lì, pronta a prendere possesso del suo appartamentino. Uno "studio", come si dice in francese di appena 19 metri quadri. Nell'articolo ne venivano sottolineate le brillanti doti scolastiche: massimo dei voti, lode. E lei stessa, Julie, narrava determinata dei sacrifici che la sua famiglia stava compiendo per consentirle di andare avanti. Una retta da 500 euro al mese, spese incluse. Un totale di 900 euro per mantenersi fuori casa. Uno sforzo che orgogliosi, mamma e papà, stavano facendo per lei. Si era laureata in tempo, a Lille, dove era stata anche rappresentante degli studenti. Stava poi frequentando un corso "superiore" e proprio in un progetto di scambio aveva deciso di trascorrere un periodo a Lecce, nel profondo Sud d'Italia. Distante dal nord della Francia in cui era cresciuta. Ma pur sempre in riva al mare.

 

RAGAZZA SEMPLICE

Una ragazza semplice, timida, riservatissima. Il 27 settembre la prima foto in Puglia, sui gradini di una casa dall'architettura tipica in pietra. Il benvenuto in una terra in cui ha anche smesso di voler andare avanti, per un dolore forte a tal punto da non consentirle di chiedere aiuto fino in fondo. I poliziotti della Mobile stanno raccogliendo tutti gli elementi: dagli amici di sempre, dagli affetti più cari. Dalle ragazze che aveva conosciuto a Lecce. Gli studenti stranieri solitamente frequentano la facoltà e inizialmente tendono a dividersi in gruppi a seconda delle nazionalità. Julie non parlava italiano, ma solo inglese e francese. La lingua è il primo ostacolo per la socializzazione. Ma gli eventi organizzati per garantire l'inclusione, per far sì che l'esperienza abbia un vero valore di scambio culturale, sono tanti. E la zona in cui alloggiava, a San Pio, è strapiena di locali. L'appartamento fa parte dello stesso stabile in cui si trova un famosissimo pub sempre strapieno. A due passi da via Pappacoda, dove si è consumata la tragedia, ci sono ristorantini, take away, sushi, il mondo di pub e di locali dove riunirsi. Dopo il ritrovamento del corpo, dal passaporto gli investigatori hanno individuato i famigliari. I genitori giungeranno in Puglia non appena la salma non sarà più a disposizione della magistratura per i dovuti accertamenti.

Sui social sono moltissimi i post di vicinanza. «Sei andata a unirti alla luce delle stelle ma rimarrai per sempre nei nostri cuori... Riposa in pace Julie», scrive una donna. E poi ancora cuori, fiori, abbracci per la madre e per il padre, figure importanti nella vita della 21enne a cui ha voluto indirizzare l'ultimo messaggio contenuto nella lettera sequestrata dai poliziotti. «Penso che sia arrivato il momento di fermarmi qui, non ne posso più, mi dispiace mamma e papà. Mi manca il mio Pierre che amo, mi dispiace per tutti coloro che ho incontrato. Mi dispiace per Julie, e soprattutto Leo. Vi amo, non è colpa di nessuno, perché mi avete tanto amata, ma non ci riesco più, non riesco ad accettare ciò che mi è successo, è troppo difficile per me rimanere sola. Vi amo, soprattutto Pierre. Sono triste».

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IL SILENZIO

Parole confuse, che non hanno rivelato - come del resto spesso accade in situazioni simili - una precisa motivazione rispetto al gesto compiuto. Da parte dei suoi cari nessuna reazione di rabbia, ma un silenzio affranto. E la comprensibile ricerca della verità che non può che essere affidata alle autorità italiane. Le indagini sono state avviate immediatamente e vanno avanti senza tralasciare nulla. Nel pomeriggio di martedì la Scientifica è tornata nell'appartamento occupato da Julie per prelevare campioni di ogni genere. Oggi sarà eseguita l'autopsia. Non si può in alcun modo trascurare quanto è contenuto nel referto medico che è stato prodotto il 19 ottobre all'ospedale "Vito Fazzi" di Lecce, quando la giovane studentessa ha spiegato, nella stanza rosa dedicata alle vittime di violenza, di aver subito un rapporto sessuale privo del suo consenso. Subito dopo è andata via, rifiutando ulteriori accertamenti sanitari e la formalizzazione di una denuncia. Una scelta che, trattandosi di una ragazza maggiorenne, nessuno mai le avrebbe potuto impedire. Sebbene, facile dirlo col senno del poi, l'aiuto che avrebbe senz'altro ricevuto le avrebbe forse salvato la vita.

Ultimo aggiornamento: 27 Ottobre, 08:26 © RIPRODUZIONE RISERVATA