È finita dopo due mesi la fuga di Kristjan Mehilli, il rapinatore albanese che la notte di Capodanno era evaso dal carcere di Vercelli.
Le stesse probabilmente utilizzate per preparare l'evasione di Mehilli, che a Vercelli doveva scontare una pena fino al 2029. La sua evasione mescolò gli ingredienti del romanzo d'appendice alla pianificazione meticolosa e professionale. L'uomo segò le sbarre della cella e si calò dal quarto piano con un lenzuolo. Con lui c'era un altro detenuto, che però cadde, si ruppe un braccio e venne preso subito. Un complice, nel frattempo, aveva divaricato le sbarre della recinzione perimetrale, era entrato in cortile e aveva lanciato una corda per permettere il superamento di un muro intermedio.
Quindi il balzo in un'automobile (rubata il giorno precedente) in direzione Legnano (Milano). Al colpo lavorò un gruppo di tre elementi, ora arrestati dalla polizia di Stato e dalla polizia penitenziaria, che secondo le prime notizie approfittò di una circostanza che il personale del carcere lamentava da tempo: non era possibile provvedere alla vigilanza esterna perché il muro di cinta era inagibile. Comunque sia, gli investigatori trovarono sparsi nella zona degli indizi preziosi disseminati nei paraggi: dei documenti falsi, tra cui un Green pass taroccato, e un cric con un'impronta digitale. Le telecamere di sicurezza collocate a Vercelli diedero una grossa mano. I tre arrestati sono albanesi. Due sono incensurati; il terzo, fratello del fuggitivo, era già noto alle forze dell'ordine ed è stato fermato su un treno diretto in Francia. Con lui un vademecum con la piantina del carcere di Vercelli e le istruzioni con gli specifici compiti per ognuno dei complici.