Andrea Ghira, dall'ergastolo alla latitanza: chi è il mostro del Circeo che non è mai stato in carcere

Martedì 14 Novembre 2023
Andrea Ghira, dall'ergastolo alla latitanza: chi è il mostro del Circeo che non è mai stato in carcere

Tra le pagine di cronaca nera più drammatiche della storia italiana, il massacro del Circeo del 1975 è al centro della nuova miniserie di Rai1, intitolata proprio «Circeo». Con Greta Scarano, Ambrosia Caldarelli, Francesca Antonelli, Guglielmo Poggi e Angelo Spagnoletti, la serie racconta la storia di uno dei delitti più noti e violenti degli anni Settanta e del processo che ne seguì, visti per la prima volta dalla parte delle donne: le vittime, le loro avvocate e la sopravvissuta. Un processo che decretò l'ergastolo senza alcuna attenuante ad Angelo Izzo e Gianni Guido e, in contumacia, ad Andrea Ghira.

Quest'ultimo, però, rimase sempre latitante, fino alla sua morte, avvenuta nel 1994.

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Andrea Ghira, chi era

Nato a Roma il 21 settembre 1953, Andrea Ghira era figlio di Maria Cecilia Angelini Rota e di uno dei più noti e stimati imprenditori edili di Roma, Aldo Ghira. Legato fin dagli anni del liceo classico Giulio Cesare ad ambienti di estrema destra, a scuola Ghira aveva fondato un gruppo che concepiva il crimine come mezzo di affermazione sociale. A seguito della sua partecipazione a manifestazioni di estrema destra con annessi episodi di teppismo politico, i primi guai con la giustizia arrivarono all'età di 16 anni, nel 1970. Ammiratore della banda dei marsigliesi, Ghira si faceva chiamare "Jacques", come il criminale Jacques Berenguer, membro del gruppo criminale francese che aveva agito anche a Roma. A 18 anni venne denunciato per minaccia a mano armata e lesioni aggravate, mentre un anno dopo venne arrestato insieme all'amico Angelo Izzo per rapina aggravata e violazione di domicilio. Nonostante una condanna a cinque anni di reclusione, dopo soli due anni Andrea Ghira uscì dal carcere. Un evento, questo, che doveva essere festeggiato, motivo per cui il 30 settembre del 1975 insieme ad Angelo Izzo e Gianni Guido si incontrò a Villa Moresca, la sua casa al Circeo.

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Il massacro del Circeo

Donatella Colasanti e Rosaria Lopez questo però non lo sapevano. Quando arrivarono nella villa con Izzo e Guido, Ghira era già lì, sulla porta di casa. I tre ragazzi iniziarono a ridere, poi Izzo tirò fuori la pistola. Fu proprio Donatella Colasanti a raccontare quello che successe dopo: «Quando siamo arrivate nella villa del Circeo, ci hanno fatte subito entrare in casa. Ci hanno puntato una pistola contro, sghignazzando: “Ecco la festa!”. Poi ci hanno chiuso in un bagno minuscolo, senz’aria. Ci hanno spogliate, tolto gli anelli, i documenti, tutto quello che avrebbe potuto renderci identificabili. Sapevano benissimo cosa stavano facendo. Era tutto preparato. I sacchi in cui ci avrebbero messe, da morte, ce li hanno mostrati subito. Izzo voleva essere protagonista, al centro dell’attenzione. Ripeteva in continuazione che lui era capace di uccidere mentre Ghira faceva il capo del gruppo, sosteneva di far parte della banda dei marsigliesi, di essere molto amico del loro boss, Jacques Berenguer. Anzi, diceva che era proprio per ordine dei marsigliesi che ci avevano catturate. Izzo poi diceva che ci avrebbe ammazzate. L’ora e il modo non erano stati decisi, ma dovevamo morire. “Da qui non uscirete vive” ripeteva con il suo sorrisetto malvagio. Recitava un copione». Dopo ore di violenze, Ghira tornò a Roma per un pranzo con la famiglia, lasciando i due amici lì.

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La morte di Rosaria e "la finta" di Donatella

Dopo poche ore ritornò però a Villa Moresca: fu il quel momento che Rosaria Lopez fu uccisa, annegata nella vasca da bagno. Poi tornarono da Donatella, che nel processo racconterà:  «Poi sono tornati da me. Ho capito che l’unica, minuscola speranza che mi rimaneva era fingermi morta. Gianni Guido mi aveva fatto sdraiare per terra, mi aveva messo un piede sul petto e legato una cinghia attorno al collo. Ha tirato così forte che alla fine la fibbia si è rotta. Allora ha cominciato a infierire con la spranga e con i calci in testa. Izzo si esaltava nel dare ordini. Provava gusto nel vedermi soffrire. A un certo punto, ho sentito una voce che diceva: “Questa non muore mai”.  Allora ho deciso di stare immobile, come un animale paralizzato di fronte al pericolo. Sono rimasta così ferma che Izzo e gli altri due hanno pensato di avermi uccisa. Mi colpivano e io non fiatavo: una morta non prova dolore». I tre ragazzi chiusero quindi Donatella e Rosaria nel bagagliaio della macchina di Guido, e partirono verso Roma, direzione via Pola. Lì lasciarono la macchina ed entrarono in un ristorante. Fu in quel momento che Donatella iniziò a picchiare sul cofano fino a quando un uomo la sentì e diede l'allarme: «Centrale… c’è un gatto che miagola nel baule di una 127 in via Pola».

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L'ergastolo e la latitanza

Izzo e Guido vennero arrestati dopo poche ore, Ghira non venne mai trovato. Probabilmente grazie a una soffiata alla famiglia, infatti, il ragazzo riuscì a far perdere le proprie tracce, non finendo così nelle mani della giustizia. A seguito del processo, a tutti e tre venne dato l'ergastolo, anche se a Ghira in contumacia. Per molti anni non si seppe nulla di lui, nonostante qualcuno credette di vederlo in giro per Roma. Successivamente si scoprì che dopo essere fuggito, Ghira aveva passato alcuni mesi in un kibbutz israeliano, per poi arruolarsi nel 1976 con il nome di Massimo Testa de Andrés nella Legione straniera. Rimase lì per 18 anni, poi fu cacciato a causa delle condizioni psicofisiche non idonee. Secondo le ricostruzioni, morì il 2 settembre del 1994 a Melilla, dove fu ritrovato nel letto con una siringa infilata nel braccio. Passarono dieci anni prima che la famiglia rese noto che il soldato morto era in realtà Andrea Ghira. Il 26 novembre 2005 l’esame del DNA sciolse tutti i dubbi: il corpo sepolto a Melilla era infatti quello di Ghira.

«Andrea Ghira è a Roma»

 

Secondo Donatella Colasanti, però, quello ritrovato in Spagna a Melilla non era il corpo di Andrea Ghira. Per lei, infatti, l’analisi del DNA era stata alterata, tanto che in una delle ultime interviste prima di morire di tumore nel 2005 dirà: «Andrea Ghira è qui, a Roma, libero». 
 

Ultimo aggiornamento: 16 Novembre, 11:04 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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