Sheva regala un altro sogno all'Ucraina:
storia di un ragazzo fuggito da Chernobyl

Martedì 12 Giugno 2012 di Edoardo Pittalis
Shevchenko anticipa Ibrahimovic e segna il 2-1 per l'Ucraina (LaPresse
Certo gli scandali ci sono e si vedono, il pallone sgonfio, sporcato dal fango della corruzione che resta attaccato. Fango duro come con i palloni di una volta, quelli che si chiudevano con il laccio e bisognava proteggere la camera d’aria. Quelli che quando colpivi di testa restava il segno dell’allacciatura sulla fronte. Verrebbe voglia di mandare tutti a quel paese, di dare ragione a chi dice che forse è meglio fermarsi per un anno o due. Poi di colpo il calcio riprende a regalare illusioni, a far sperare che può davvero cambiare, a trasformare i sogni in realtà. È accaduto un’altra volta ieri notte quando l’Ucraina ha battuto la Svezia nella gara d’esordio e a segnare i due gol è stato Andriy Shevchenko che ha risposto alla botta di Ibrahimovic. Un duello che ha avuto un sapore tutto italiano, di più: milanista. I due rappresentano sotto rete il passato e il presente del Milan berlusconiano. Ma con una differenza quando giocano in nazionale: l’ucraino si mette al servizio della squadra, lo svedese è un solitario senza squadra.



Sheva è un ragazzino di 36 anni, ha l’età in cui i campioni si mettono da parte, specie gli uomini d’area logorati da contrasti e scatti. Ha rimandato l’abbandono del calcio proprio per giocare questi Europei con la sua nazionale. Lui ha voluto regalare l’ultimo miracolo all’Ucraina e lo ha fatto nella notte giusta con due colpi di testa, l’ultimo ad anticipare proprio Ibra rientrato per difendere sul corner. Due gol alla vecchia maniera, di forza, d’eleganza.



La storia di Sheva incomincia alle porte di Cernobyl, aveva nove anni quando la famiglia fu costretta a trasferirsi per sfuggire alle radiazioni. Sapeva dribblare e correre in campo come pochi, così a dieci anni era già in forza alla Dinamo Kiev e a venti segnava in Champions tre gol in casa del Barcellona. Il Milan lo comprò nel 1999 per 45 miliardi di lire, l’euro stava per arrivare, ma la cifra era anche allora di quelle che facevano venire il mal di testa.



In rossonero ha vinto tutto, scudetti, Coppe, anche due titoli di capocannoniere. Ha chiuso nel 2006 per passare al Chelsea (salvo un ritorno effimero in rossonero nel 2008) con 175 gol in 322 partite. Dimenticavo: è stato anche Pallone d’oro. Con la nazionale ucraina ha giocato più di cento partite.



Forza fisica, scatto, velocità, colpo di testa, freddezza sotto porta, istinto del gol: difficile chiedere di più a un attaccante puro capace di svariare per tutto il campo, di giocare da ala e da centravanti, dotato di piedi tanto buoni da fare all’occorrenza il regista. Nella notte di Kiev, Sheva è sembrato tornare il ragazzino di una volta, con una voglia di vincere e una grinta insospettabili. Ha regalato alla sua Ucraina la vittoria che da sola potrebbe giustificare l’Europeo e che offre sogni non azzardati, perché se è vero che la Svezia ha ceduto, è anche vero che Francia e Inghilterra hanno annoiato e destato pochissima impressione. Con uno Sheva così l’Ucraina può andare avanti. E il calcio può ritrovare fiducia.
Ultimo aggiornamento: 10:21 © RIPRODUZIONE RISERVATA