Legge elettorale, Camera boccia parità di genere. Pd spaccato. Renzi: assicureremo l'alternanza

Lunedì 10 Marzo 2014
Il leghista Bonanno dopo il voto sulla parità di genere (foto Roberto Monaldo - LaPresse)
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No alle quote rose. Non c' intesa sulla parit di genere nella riforma elettorale. Il governo aveva deciso pertanto di rimettersi alla valutazione dell'Aula della Camera. Che ha bocciato a scrutinio segreto l'emendamento bipartisan che prevede l'alternanza dei sessi nei posti in lista. I voti contrari all'emendamento sono stati 335, e i favorevoli 227. Lo scrutinio segreto era stato richiesto da 39 parlamentari di Fi, Fdi, Ncd e Udc.

L'intesa sulla legge elettorale però tiene, anche se una sfilza di no affossa la battaglia delle donne in bianco sulle quote rosa. E il primo via libera di Montecitorio all'Italicum slitta a martedì. L'Aula della Camera ha votato per un rinvio a domani mattina alle 10 dell'esame della riforma elettorale.

Bocciata la parità di genere. L'emendamento bocciato puntava a inserire la parità di genere nelle liste, prevedendo che «nella successione interna delle liste non possono esservi due candidati consecutivi nel medesimo genere, a pena di inammissibilità».

No anche all'emendamento bipartisan che prevedeva l'alternanza dei sessi come capilista all'interno di ciascuna regione. Il governo si era rimesso all'Aula. Bocciato dalla Camera anche l'emendamento bipartisan alla legge elettorale che prevedeva che almeno il 40% dei capilista siano donne in ciascuna regione.

Il Pd è spaccato: ufficialmente era a favore, ma i numeri parlano chiaro, mancano decine e decine di voti dei dem. Ma è soprattutto Forza Italia ad essere contraria alle quote rosa, temendo che siano il cavallo di Troia per far saltare l'accordo sulla legge elettorale e di introdurre le preferenze. E il relatore Francesco Paolo Sisto, nonostante il gran numero di parlamentari azzurre oggi in bianco, arriva a definire «incostituzionali» i tre emendamenti trasversali. Non risultano determinanti per il sì i voti dei grillini, pronti a votare la parità uomo-donna anche per intralciare l'accordo sulla legge elettorale.

Mancano i voti del Pd. «Il voto di numerosi colleghi è stato contrario alla norma prevista dallo Statuto del PD che afferma la rappresentanza paritaria». Così il deputato del Pd, Dario Ginefra su Twitter. «Bocciato anche emendamento 1.93 nel voto segreto. Mancano voti nostri. Lo dicono numeri», twitta anche la deputata Pd prodiana, Sandra Zampa.

Protesta delle deputate del Pd dopo la bocciatura dell'ultimo emendamento che fissava a 60 e 40 le percentuali della presenza delle donne nelle liste. «Il gruppo non ha rispettato l'accordo», si lamentano in Transatlantico pretendendo dal capogruppo Roberto Speranza una riunione immediata. L'accordo, spiegano le parlamentari, era che il gruppo Pd avrebbe dovuto votare l'emendamento, dando in tal senso indicazione di voto. «Ed invece - spiegano - non è andata così visto che i voti a favore sono stati 253 mentre solo noi del Pd siamo 293. Quindi sono mancati molto più di 40 voti visto che a favore hanno votato anche esponenti di altre forze politiche».

«Il Pd rispetta il voto del Parlamento sulla parità di genere. Ma rispetta anche l'impegno sancito dalla direzione su proposta del segretario: nelle liste democratiche l'alternanza sarà assicurata. Ho sempre mantenuto la parità di genere. Non intendo smettere adesso». Lo scrive su Facebook il premier e segretario Pd, Matteo Renzi.

La legge elettorale si avvia comunque al primo sì, al governo va la delega per ridisegnare i collegi (non meno di 120) mentre Forza Italia ritira il cosiddetto «Salva Lega». Affossate dunque le quote rosa, per le quali il presidente Laura Boldrini si era simbolicamente schierata esibendo una vistosa sciarpa bianca, prima di salire alla presidenza. «Come presidente della Camera rispetto il voto dell'Aula sugli emendamenti riguardanti la parità di genere. Ciò nonostante non posso negare la mia profonda amarezza perché una grande opportunità è stata persa, a detrimento di tutto il Paese e della democrazia», ha poi commentato Boldrini.

Scelta Civica, Nuovo centrodestra e minoranza Pd criticano le ministre che non aderiscono alla battaglia per le quote rose, che riprenderà in ogni caso al Senato. Stefania Prestigiacomo - che pianse in Consiglio dei ministri quando Silvio Berlusconi nel 2005 le intimò di «non fare la bambina» e affossò le quote rosa che la giovane ministro voleva a tutti i costi - oggi si presenta in divisa bianca e riprende la battaglia. Con lei un vasto fronte bipartisan, che non include le 8 ministre del governo Renzi.

«Faremo la nostra battaglia fino in fondo, anche al Senato e non per femminismo», annuncia Nunzia De Girolamo, capogruppo Ncd a Montecitorio. Diverse deputate Pd, che dopo il no dell'Aula si autoconvocano per decidere il da farsi. E cade nel vuoto l'appello di Rosy Bindi a ripensarci sul voto segreto («in segno di maturità, ciascuno in maniera trasparente si assuma davanti al Paese le sue responsabilità»), chiesto da Forza Italia, Nuovo centrodestra, Fratelli d'Italia ed Udc.

Tra le polemiche muove dunque i suoi primi passi nell'Aula della Camera l'Italicum, per il quale Renzi, che in mattina ha ha avuto anche una accesa discussione con Renato Brunetta, contrario alla parità di genere, auspica un primo sì già domani, in attesa del "mercoledì da leoni" in cui il premier svelerà la sua scelta (irpef, irap o entrambe) sui tagli al cuneo fiscale.

«I collegi plurinominali non possono essere superiori a 120». Lo prevede la riformulazione dell'emendamento alla legge elettorale sulla delega al governo, con il sì del Comitato dei nove che ora sarà esaminato dall'Aula. «L'intesa è stata raggiunta in zona Cesarini», afferma in Aula il relatore Sisto.

Tante le deputate in bianco in aula della Camera. Sono state diverse le parlamentari che hanno raccolto l'appello lanciato da Laura Ravetto di FI a indossare qualcosa di bianco per protestare e sostenere la parità di genere. Tra loro, Gabriella Giammanco (FI), Alessandra Moretti e diverse colleghe del Pd, ma anche Nunzia De Girolamo di Ncd e Michela Brambilla di FI.

Dal completo rosa shocking di Daniela Santanchè al total white delle parlamentari pro parità di genere. Ancora una volta il colore diventa dunque battaglia politica. Più di 90 deputate si sono presentate oggi tra i banchi della Camera indossando abiti bianchi: blouson e twin set di seta e cotone, ma anche tante sciarpe, pullover e camicie con colli diversi (francese e alla coreana).

Anche un parlamentare è vestito di bianco. Si tratta del leghista Gianluca Bonanno, che in scena una "contro-protesta", tutta cromatica. L'esponente del Carroccio sfoggia una giacca da cameriere, bianco avorio, con i bottoni dorati, per dire no all'alternanza di genere nell'Italicum. Buonanno rivela: «È una giacca da domatore di un mio amico». E promette, sulla sua pagina Fb: «Questo è solo l'inizio».

M5s. Gli emendamenti per la parità di genere «dimostrano l'ipocrisia che regna sovrana in questo Parlamento: non è corretto stabilire per legge delle quote di partecipazione». Lo dice Federica Dieni, nel prendere la parola in Aula a nome del M5s. «Chiediamo asili nido e assistenza per consentire alle donne di lavorare senza essere obbligate a scegliere tra lavoro e famiglia. Qui in Parlamento invece noi siamo l'emblema del fatto che se il voto è libero i cittadini scelgono per il meglio. Tra gli uomini come tra le donne».

Ultimo aggiornamento: 11 Marzo, 11:06 © RIPRODUZIONE RISERVATA