Bellotto il pittore fotografo

Giovedì 14 Gennaio 2021
Bellotto il pittore fotografo
di Franco Posocco*

Venezia e Bernardo Bellotto. Un binomio inscindibile. Uno dei più grandi pittori della Serenissima. Ora la città appresta a celebrare il III Centenario della sua nascita avvenuta il 30 gennaio 1721. Bellotto, nipote di Antonio Canal detto Canaletto. Assieme allo zio, nella cui bottega imparò l'arte grafica, è considerato il fondatore del Vedutismo, la nuova maniera di rappresentare la realtà secondo i canoni laici dell'Illuminismo settecentesco. Questo stile da Venezia si diffuse presso le corti di tutta l'Europa con una velocità sorprendente, soppiantando l'ultima, stanca moda del barocco. Accantonati i temi della mitologia e dell'agiografia, la diversa visione del mondo e la sensibilità per l'ambiente indussero questi due artisti ad uscire all'aperto per ritrarre la città, i monumenti, il paesaggio assieme alla multiforme società attorno a loro.
Bernardo Bellotto utilizza abilmente la camera oscura, una scatola ottica antesignana della macchina fotografica, che consente di registrare sulla parete opposta a quella recante il foro d'ingresso della luce, cioè su uno schermo, l'immagine reale, geometrica e luministica dello spazio antistante. Uno strumento scientifico nuovo dunque, che rivoluziona la visione classica e permette di riprodurre la scena circostante in modo fedele, non secondo l'immaginazione della fantasia.
Ciò è reso possibile dalla invenzione prospettica, ma anche dalla grande abilità tecnica dell'artista e dalla assoluta fedeltà nel rilevare la verità oggettiva. Si tratta di una novità per la pittura, la grafica, il disegno, il colore, ma anche di un diverso approccio mentale alla realtà, poiché la veduta è anche un documento, una istantanea dell'esistente. Partendo dai piccoli quadri dello zio Antonio, il nipote Bernardo allarga la scena, realizzando con straordinaria maestria dei vasti panorami di città e paesaggi raccontati nella loro realtà quotidiana.
Mentre Canaletto rimase quasi sempre a Venezia, eccettuata una sortita a Londra alla corte di Giorgio II d'Inghilterra, il nipote divenuto famoso, da Venezia emigrò, prima a Verona, Roma, Firenze, Torino dipingendo rovine antiche ed incidendo ad acquaforte vedute di genere per pontefici e regnanti, per poi ampliare la scena ad episodi dell'attualità: battaglie, inondazioni, incoronazioni ed altri eventi memorabili.
Le antichità romane divenute presto una moda, erano richieste dai monarchi e dagli aristocratici per nobilitare le loro imprese e rappresentare il fasto ed il rango delle loro dinastie. Le sue vedute poi furono richieste da geografi, ingegneri, naturalisti, nonché da generali, quale supporto strategico essenziale per progettare le manovre militari.
Il nipote superò presto il maestro, diventando una star del mercato artistico europeo.
Nel 1748 a ventisette anni, Bernardo arriva a Dresda alla corte di Augusto III di Sassonia, dove realizza 14 famose tele, così fedeli e precise da essere usate per ricostruire la città bombardata crudelmente nel 1944. Nel 1756, quando infuria la Guerra dei 7 anni, ne documenta le rovine e fugge presso il re di Polonia Stanislao Poniatowski. Anche in questo caso le decine di immagini di Varsavia sono servite per la riedificazione della capitale polacca rasa al suolo durante l'ultimo conflitto. Va poi nel 1758 a Vienna dove lavora per l'imperatrice d'Austria Maria Teresa, poi a Monaco ospite dei duchi di Baviera, nonché a San Pietroburgo richiesto da Caterina, zarina di Russia.
Nel periodo terminale della sua fortunata carriera il suo stile si evolve, non solo per l'interesse crescente alla rappresentazione della realtà sociale, dove accanto al fasto si registra l'indigenza e la distruzione, ma anche per l'attenzione verso l'immaginario naturale, rappresentato mediante un cromatismo ed una dissolvenza capaci di rendere le fredde atmosfere ed il delicato luminismo tipici dei paesi baltici. La veduta virtuale e la finzione sociale, assieme ai gelidi sfumati con cui sono rappresentati gli opalescenti cieli del Nord, costituiscono l'ultimo dono figurativo del grande artista, che seppe trasferire la pittura dall'Accademia neoclassica a quella del Verismo ottocentesco, cioè la razionalità dell'Illuminismo nel sentimento del Romanticismo, cifra nuova della nascente borghesia europea. Come spesso accade l'arte precorre i tempi e le scoperte, registrando le nuove pulsioni e le diverse ideologie della società.
La sua morte a Varsavia nel 1780, pochi anni prima della Rivoluzione francese e della caduta della Repubblica per mano di Napoleone Bonaparte, conclude anche la grande stagione della pittura veneta, che con il sottile, implacabile pennello di Bernardo Bellotto aveva dato all'Europa una visione disincantata ed innovativa della realtà, rappresentata per quello che realmente è, non per quello che si vorrebbe che fosse.
*Guardian Grando
Scuola di San Rocco
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