Hanno sfondato il finestrino della sua auto, gli hanno spruzzato liquido urticante negli occhi e poi lo hanno colpito a martellate: così è stato aggredito davanti alla sua casa in Lituania Leonid Volkov, braccio destro e grande amico personale di Alexei Navalny.
I condemn the disgraceful assault of Navalny’s advisor, @leonidvolkov.
I hope that Lithuanian authorities do all they can to find and identify the perpetrators behind this cowardly attack, even as there is little doubt of Russian involvement ! pic.twitter.com/wgybGOhxLU— Guy Verhofstadt (@guyverhofstadt) March 12, 2024
Solo tre giorni prima di quel drammatico 16 febbraio, parlando dall'estero con alcuni diplomatici a Mosca, Volkov aveva detto che Navalny era «in condizioni psicofisiche sorprendentemente buone» e non in pericolo di vita, nonostante le durissime condizioni carcerarie oltre il circolo polare artico in pieno inverno, rafforzando quindi l'ipotesi che non sia deceduto perché malato o logorato. Il 22 febbraio, in un'audizione alla commissione Esteri del Parlamento europeo, Volkov aveva poi chiesto una risposta più dura del mondo occidentale alla morte dell'amico e dissidente, sottolineando che i russi «ridono» delle sanzioni imposte di recente dalla Gran Bretagna a sei membri del personale della colonia penale dove era rinchiuso Navalny. Se si vuole davvero fare male a Mosca, ha suggerito, occorre colpire «gli amici di Putin» sequestrando i loro beni. «Abbiamo prodotto una lista di 6mila persone, ora 7mila, che illustra i collaboratori del regime, e ancora non è successo nulla», aveva lamentato Volkov. Di recente, Volkov aveva lanciato l'appello a una protesta contro Putin «mascherata» nel giorno delle elezioni presidenziali, recandosi tutti ai seggi a mezzogiorno, dicendo che si trattava del «testamento politico» dell'amico morto. «Continueremo a lavorare per vincere al più presto ed impiegheremo ogni mezzo per continuare la protesta politica in Russia», aveva affermato.