Mar Rosso, l'asse Roma-Parigi-Berlino: missione navale anti-Houthi. Ecco l'operazione Aspis

Avrà il compito principale di scoraggiare nuovi attacchi da parte degli Houthi o comunque di disinnescarne l'efficacia abbattendo droni e razzi dei ribelli yemeniti

Lunedì 22 Gennaio 2024 di Francesco Malfetano
Mar Rosso, l'asse Roma-Parigi-Berlino: missione navale anti-Houthi. Ecco l'operazione Aspis

Il via libero definitivo alle operazioni è probabile che arrivi il prossimo 19 febbraio. Il "sì" politico dell'Unione Europea invece, dovrebbe arrivare già oggi. A Bruxelles si riunirà infatti il consiglio degli Affari Esteri Ue per definire i dettagli della missione dei Ventisette a protezione dei mercantili attaccati dagli Houthi, i ribelli yemeniti finanziati dall'Iran che minacciano navi e cargo che trasportano merci verso e dall'Europa.

Aggirato il veto spagnolo, il perimetro generale su cui hanno lavorato Roma, Parigi e Berlino appare ormai delineato.

Con qualche ultimo dubbio da chiarire proprio quest'oggi, l'obiettivo resta definito: blindare la "porta delle lacrime" (lo stretto di Bab el-Mandeb) che lega a doppio filo l'Asia e l'Europa. Specie all'indomani dell'alert dei servizi di sicurezza a stelle e strisce che prevedono un ntensificarsi degli attacchi.

I DUBBI

Le proposte del Seae, il servizio per l'Azione esterna dell'Unione europea, ad esempio saranno due: la prima prevede di scortare ogni singola nave commerciale considerata a rischio attacco (ma servirebbe un numero considerevole di imbarcazioni militari per consentire il ritorno alla piena efficienza del traffico marittimo), la seconda invece di incrociare le rotte militari con quelle dei cargo, operando una sorta di pattugliamento ad ampio raggio. Per quanto riguarda l'ambito di intervento, dovrebbe essere confermata l'idea - lanciata in primis dall'Italia - di estendere il raggio d'azione della missione Agenor a guida francese, oggi attiva "solo" nello Stretto di Hormuz (utilizzando quindi come quartier generale sul campo quello della forza basato ad Abu Dhabi, e come sede operativa invece uno dei centri interforze europei, con molto forte la candidatura di Roma).

In ogni caso sarà una missione di carattere «difensivo» - come chiarito dal ministro degli Esteri Antonio Tajani durante l'ultimo question time alla Camera - che non a caso si chiamerà "Aspis" (letteralmente "scudo", dal greco) e che avrebbe il compito principale di scoraggiare nuovi attacchi da parte degli Houthi o comunque di disinnescarne l'efficacia abbattendo droni e razzi dei ribelli yemeniti. In buona sostanza, spiegano fonti di rilievo alla Difesa e alla Farnesina, si tratterebbe di un dispositivo «capace di integrarsi e coordinarsi» con la missione offensiva messa in campo da Stati Uniti e Regno Unito.

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Da chiarire però, resta poi il numero di Paesi che invierà concretamente navi da guerra, con il solo Belgio che al momento avrebbe dato la propria disponibilità assieme ad Italia, Germania e Francia. Tuttavia, la convinzione è che oggi saranno vinte le resistenze dei più, anche perché le ripercussioni economiche create da questa instabilità iniziano a diventare pesantissime. Il costo medio mondiale della spedizione di un container da 40 piedi (circa 76 metri cubi d'ingombro totale) è aumentato del 23% nella settimana al 18 gennaio, raggiungendo i 3.777 dollari e più che raddoppiando nell'ultimo mese.

 

IL MEDITERRANEO

Al ritorno della premier Giorgia Meloni dalla missione blindatissima con Recep Tayyip Erdogan a Istanbul (la stampa turca si è praticamente limitata a far sapere che il faccia a faccia si sarebbe tenuto «a porte chiuse») a margine della quale è stata lasciata trapelare la volontà di un'intesa per ridurre le partenze di migranti irregolari dalla Libia, il fronte diplomatico italiano è attivissimo. In particolare nel paese nordafricano. «Stanno accadendo molte cose in Libia» spiega una fonte di rilievo nell'esecutivo, «sono i segnali di una nuova stagione». L'idea italiana - che intanto questa domenica presenterà il Piano Mattei alla conferenza Italia- Africa - è estendere il modello tunisino alla Libia, con tanto di finanziamenti destinati al governo di unità nazionale di Tripoli, lasciando alla Turchia il "lavoro sporco" per la stabilizzazione dell'area ed evitare escalation armate.
Una presenza, quella turca, che però sta tentando di affrancarsi dalla sola operatività militare, scommettendo sulla rinascita del Paese e - come l'Italia ha fatto per il gas e il cosiddetto idrogeno verde - sulla loro transizione green (in particolare finanziando il programma di implementazione per l'energia solare). In buon sostanza Erdogan - che durante il bilaterale si sarebbe però detto indisponibile a presenziare all'evento che si terrà a Roma tra domenica e lunedì - sta percorrendo una strada molto simile a quella del Piano Mattei, con l'intenzione di far convivere le proprie ambizioni con quelle italiane.

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