Le tensioni duravano da giorni, dal 23 maggio, quando il voto nel Nord del Kosovo era stato boicottato dalla popolazione serba - che è minoranza nel Paese, ma maggioranza in alcune città - e perciò le consultazioni avevano avuto come risultato quello di eleggere sindaci di etnia albanese. Ai quali però i dimostranti serbi impediscono di entrare nei municipi per prendere possesso degli uffici. Ieri la protesta si è ripetuta, con una violenza maggiore soprattutto nella cittadina di Zvecan, 45 chilometri a nord della capitale, Pristina. E due veicoli delle forze speciali di polizia kosovare sono di fatto rimaste in trappola. Una situazione esplosiva, che ha costretto i militari della forza d’interposizione Nato, Kfor, a dispiegarsi nei quattro centri più a rischio, e il generale di divisione Angelo Michele Ristuccia, comandante di tutto il contingente, a dare l’ordine di disperdere la folla e liberare i poliziotti accerchiati.
Kosovo, gli scontri
Agli appelli scanditi al megafono ad allontanarsi dalle strade non c’è stata risposta.
La diplomazia
Invito ribadito dal ministro degli Esteri, Antonio Tajani, al premier kosovaro, Albin Kurti, ma anche in una telefonata al presidente serbo, Alexandr Vucic. Kurti ha incontrato gli ambasciatori di Stati Uniti, Francia, Italia, Germania e Gran Bretagna, che lo hanno esortato a una «de-escalation, a ridurre le tensioni» suggerendo che i sindaci neo-eletti svolgano le loro funzioni da edifici che non siano i municipi dei Comuni a maggioranza serba. Un comunicato di Kfor spiega con precisione la dinamica degli incidenti. «Nel contrastare le frange più attive della folla, diversi militari del contingente italiano e ungherese sono stati oggetto di attacchi non provocati e hanno riportato ferite da trauma dovute all’esplosione di ordigni incendiari. Prontamente curati, sono attualmente sotto osservazione». Ai megafoni era stato detto ai manifestanti cosa fare. «State provocando disordini. State mettendo voi e la vostra comunità a rischio. Lasciate la zona e tornate a casa, o la Kfor sarà costretta a intervenire». Anche una macchina di giornalisti è stata danneggiata. Simboli nazionalisti serbi sui veicoli della polizia. I militari Nato volevano proteggere i municipi di Zvecan, Leposavic, Zuvin Potok e Mitrovica. Fa parte del loro mandato. Critiche sono arrivate alla Kfor dalla premier serba, Ana Brnabic, che non ha usato mezzi termini e accusato le forze d’interposizione di «non proteggere il popolo, stanno proteggendo gli usurpatori». Anche il ministro della Difesa di Belgrado ha denunciato la Kfor dicendo che «a quanto pare protegge la polizia da gente disarmata». I sindaci sarebbero «sceriffi illegali e illegittimi».
I feriti
L’agenzia di stampa serba Tanjug parla di decine di feriti tra i manifestanti. «Le strutture illegali serbe - ribatte la presidente del Kosovo, Vjosa Osmani - trasformate in bande criminali hanno attaccato la polizia, i militari Kfor e i giornalisti. Questi atti inaccettabili di violenza dovrebbero essere condannati da tutti. Coloro che obbediscono all’ordine di Vucic di destabilizzare il nord del Kosovo dovrebbero essere processati». L’ambasciatore americano, Jeff Hovenier, sottolinea che la violenza è partita dai dimostranti. La Nato condanna l’aggressione ai militari d’interposizione e aggiunge che terrà fermo al proprio mandato «continuando ad agire in modo imparziale». Solidarietà ai militari italiani da tutte le forze politiche e in particolare dal ministro della Difesa, Guido Crosetto, e dal capo di Stato maggiore della Difesa, ammiraglio Giuseppe Cavo Dragone.
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