Bagno di folla come per Bati

Mercoledì 30 Agosto 2023 di ​Piero Mei

«Un piccolo passo per Lukaku, (un grande passo per la romanità»: manco fosse lo sbarco sulla Luna, secondo la famosa frase dell’astronauta Neil Armstrong quella volta.

Ma era lo sbarco sulla luna dei sogni in giallo e rosso. Quei cinquemila, mille più uno meno, che erano all’aeroporto di Ciampino ad aspettare il gigante, quei trentamila, mille più uno meno, che stavano a casa (o in ufficio…) seguendo l’aereo più tracciato del mondo che s’avvicinava alla mèta (è sulle Alpi, è sull’Umbria, è sul Cupolone), magari per ragioni d’anagrafe, la famosa frase non l’hanno sentita e l’hanno solo “googlata”, e già sarebbe qualcosa. 

Erano lì a respirare i fumogeni sparati come una boccata d’ossigeno per la passione, a sventolare bandiere, inni e canti e battute, TikTok in diretta, tutto da riversare perché «io c’ero». C’era, soprattutto, Lukaku: quanti sono i re di Roma dopo i sette della fondazione? Comunque tutti da Olimpico poi esaurito. I ragazzi aggrappati alla rete di recinzione, che faticavano anche a girarsi per scattare il selfie che cogliesse l’attimo in cui Lukaku passava nei pressi, avevano sentito raccontare di Batistuta che arrivò all’inizio del Millennio, e qualcosa ne seguì… 

Se l’aria non fosse quella, quella però era, di sicuro, la voglia. Perché aveva quasi ragione Nick Hornby, scrittore e tifoso dell’Arsenal di culto, quando, “Febbre a 90”, ha scritto che «la ragazza ti ha lasciato, hai perso il lavoro, ma c’è sempre un campionato che inizia a settembre». Il quasi è dovuto a una piccola aggiunta: c’è Lukaku, perché adesso c’è e probabilmente il suo (e loro: di quei cinquemila lì, tretamila al pc più altrettanti all’Olimpico e chissà quanti altri un po’ dovunque) inizia a settembre.

La passione si toccava con mano e con clic: per una squadra, passione di quasi un secolo, per una città che le ha dato il nome, passione di quasi tre millenni. Pure qualche addetto alla sicurezza badava più al selfie che al pericolo, che nell’atmosfera della liberazione non percepivi. L’immagine da archiviare insieme a quelle del matrimonio o del primo frignare di un neonato, o neonata, siamo politically correct, era quella di Lukaku, una cosa che lì non sembrava l’esagerazione che è, da fumata bianca.

Era la passione che però, secondo l’abitudine di Roma, la città di Pasquino e di Trilussa, antenati del meme e della Curva Sud, si condiva d’ironia, di Top Dan destinato al presidente pilota e di Romelus, con l’accento sulla “o” e non sulla “e”, una manna per i simil-Osho. Non state a sottilizzare, come ormai è troppo d’uso, se il braccio che Lukaku alzò comparendo per primo sulla scaletta, fosse il destro o il sinistro: lo portò sul cuore. I Friedkin padre e figlio alzavano il pollice più all’americana dell’okay che nello stile dell’imperatore. Ma adesso… gol! 

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