Il caso SVB/ La politica dei tassi che fa male alle banche

Martedì 14 Marzo 2023 di Osvaldo De Paolini
Il caso SVB/ La politica dei tassi che fa male alle banche

Ci si interroga sul perché di fronte alla valanga che ha travolto la Silicon Valley Bank, ieri i principali indici di Wall Street, il Dow Jones e il Nasdaq, sono addirittura cresciuti per buona parte della giornata invece di cadere come hanno fatto quelli delle Borse europee (Milano in particolare), timorose di un possibile contagio con effetti simili a quelli propagati nel 2008 dal terremoto Lehman Brothers.

In effetti già domenica questo timore era andato attenuandosi, vista la rapidità con la quale Tesoro e Federal Reserve erano scese in campo per contenere la diffusione del panico. Un segnale che evidentemente in Europa è giunto smorzato, forse perché ancora oggi non sono del tutto assorbiti gli effetti del cataclisma che quattordici anni fa sconvolse la finanza mondiale. Ma la tenuta di Wall Street non significa che nei prossimi giorni non avremo altre scosse: traumi di questa violenza hanno bisogno di tempo per essere assorbiti. E comunque negli Stati Uniti la vicenda avrà strascichi che lasceranno ferite, anche profonde.


Alcune certezze possiamo però sin d’ora elencare. Ancora una volta abbiamo conferma che la liquidità, prima ancora del patrimonio, è l’elemento che garantisce la solidità di una banca e quindi la sua sopravvivenza. Svb, per anni abituata a tassi prossimi allo zero, si è fatta sorprendere da una politica monetaria diventata d’improvviso restrittiva tanto da provocare nei suoi investimenti  il terremoto che l’ha costretta a vendere in perdita decine di miliardi di titoli, bruciando così la liquidità che le avrebbe consentito di fare fronte alla corsa ai prelievi. Di qui il fallimento che, per la quantità di rapporti finanziari intrattenuti con il sistema bancario americano, ha fatto temere il diffondersi del contagio. L’intervento tempestivo di Washington ha consentito di contenere, sia pure parzialmente, l’effetto domino.


La seconda certezza è che il sistema regolatorio americano, se è valido per le grandi banche, per le banche medio piccole ha dimostrato una inefficienza che dopo gli accadimenti del 2008 non avremmo sospettato. Evidentemente il processo di deregulation avviato da Donald Trump non è stato preso in seria considerazione dall’amministrazione Biden (che non a caso ora reclama una nuova stretta). Il fatto che la “Liquidity coverage ratio”, cioè la riserva di liquidità che le banche devono mantenere per far fronte a temporanei problemi di liquidità, non si applichi alle banche di medie dimensioni, come appunto Svb, sottolinea le non modeste differenze che separano gli Stati Uniti dall’Europa.


Naturalmente queste differenze non impediscono di temere un ipotetico contagio allargato. Tuttavia, e qui siamo alla terza certezza, per quanto riguarda le banche europee dell’Eurozona - quelle vigilate dalla Bce - l’apprensione che si è diffusa in questi giorni non pare giustificata. Grazie soprattutto a un sistema regolatorio che, forse troppo rigido se si valuta dal punto di vista delle necessità di credito del mercato (si calcola che se le banche europee avessero il sistema di regole in vigore negli Stati Uniti, potrebbero concedere fino a 4 trilioni di euro di prestiti aggiuntivi), è però tale da assicurare al nostro sistema bancario la stabilità necessaria a fronteggiare situazioni di grave stress. Anzitutto vanno considerati i poteri di intervento della Vigilanza che, se si escludono certi eccessi invasivi, sono tali da inibire il radicamento del morbo prima che divenga metastasi. Ma ciò che più rassicura è soprattutto la fissazione di un’asticella alta per i requisiti patrimoniali, affinché le riserve di capitale garantiscano la stabilità della banca anche quando si dovesse trovare sotto pressione.

L’applicazione delle regole di Basilea 3 prevede infatti che il rapporto tra patrimonio totale e attività a rischio non possa essere inferiore all’8% e che la copertura della liquidità temporanea sia almeno pari al 100%, che nel caso delle banche italiane arriva fino al 160% (fonte Abi). Una garanzia che dovrebbe permettere di affrontare il contagio, qualora travalicasse l’Atlantico, con la freddezza necessaria.


Infine, c’è una quarta certezza. E non riguarda la responsabilità dei gestori della banca californiana, le cui gravi responsabilità sono solo da definire. Riguarda la politica monetaria attuata dalla Fed, e quindi dalla Bce, per combattere un’inflazione che per mesi i due istituti centrali avevano assicurato essere temporanea e comunque gestibile, diffondendo certezze sui mercati. Poi, la dura realtà ne ha modificato gli orientamenti, costringendo sia Fed sia Bce a mettere mano alla leva dei tassi. Una manovra da manuale, che insieme ad altre costringerà l’inflazione a rientrare nei ranghi. Seri dubbi nascono sulla velocità e l’intensità con la quale si è messo mano ai tassi. Per dirla con Ignazio Visco, il troppo poco fa poco, ma il troppo fa danni. E oggi ne abbiamo la certezza.
 

Ultimo aggiornamento: 09:27 © RIPRODUZIONE RISERVATA