Cuneo fiscale, il taglio anti-inflazione: con la dote di 3 miliardi nuova riduzione dei contributi per il 2023

Il Mef punta a sostenere anche le imprese limitando la rincorsa tra aumenti e salari

Mercoledì 12 Aprile 2023 di Luca Cifoni
Lavoro, taglio al cuneo fiscale: con la dote di 3 miliardi ulteriore riduzione dei contributi previdenziali

Prenderà la forma di un nuovo taglio del cuneo fiscale l’intervento anti-inflazione che il governo prepara per la seconda metà dell’anno.

Un intervento che sarà finanziato con il margine di circa 3 miliardi (pari allo 0,15% del Pil) ricavato nel Documento di economia e finanza approvato ieri: appunto la differenza tra il deficit tendenziale - quello che si avrebbe senza ulteriori misure - e quello programmatico che è stato lasciato al 4,5 per cento del prodotto. I contorni precisi del provvedimento sono ancora da decidere: riguarderà sicuramente il secondo semestre dell’anno ma potrebbe anche entrare in vigore prima, da maggio-giugno. Sarà rivolto ai redditi medio-bassi e di fatto rappresenterà un’estensione dell’esonero contributivo già in vigore, rivolto ai redditi medio-bassi. La legge di Bilancio per il 2023, rafforzando l’intervento avviato già dal precedente esecutivo, ha previsto un taglio dei contributi previdenziali di due punti per i dipendenti con reddito annuale fino a 35 mila e di un ulteriore punto (quindi tre in tutto) per quelli che si fermano a 20 mila l’anno. Questa misura sui dodici mesi ha un costo di 4,8 miliardi. Con oltre 3 miliardi a disposizione su un arco temporale più limitato (tra i 6 e gli 8 mesi) sarebbe teoricamente possibile raddoppiare il taglio.

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LE MODALITÀ

Ma da Palazzo Chigi e dal Mef arriva in queste ore l’indicazione che le modalità dell’operazione sono ancora tutte da definire. È anche possibile che sia ridefinita la stessa platea dei beneficiari. 
Di sicuro c’è solo che - come avvenuto finora - l’esonero non avrà conseguenze sulla pensione degli interessati: il costo per il bilancio pubblico corrisponde appunto all’onere necessario a rimpiazzare i mancati contributi versati dalle imprese.

DOPPIA VALENZA

La mossa ha una doppia valenza, come esplicitato dallo stesso ministero dell’Economia. Da una parte si tratta di dare un ulteriore sostegno alle famiglie (particolarmente a quelle dei lavoratori dipendenti) alle prese con un drastico calo del potere d’acquisto: le retribuzioni sono cresciute in misura molto minore rispetto ai prezzi e questo scarto sarebbe destinato a perdurare anche con un tasso di inflazione in relativo ripiegamento nei prossimi mesi. Dall’altra c’è un obiettivo di carattere più generale: contribuire alla moderazione della crescita salariale. In pratica lo Stato si rende disponibile a supplire almeno parzialmente - attraverso il taglio del cuneo contributivo - agli aumenti che le imprese dovrebbero riconoscere con i prossimi rinnovi.
In questo modo si eviterebbe di alimentare quella spirale prezzi-salari che è il fattore di rischio (al momento ancora astratto, almeno in Italia) a cui guarda con molta attenzione la Banca centrale europea. Si tratta sicuramente di una mossa gradita a Confindustria che ha sempre sollecitato interventi per via fiscale sulle retribuzioni, anche se di dimensioni ancora maggiori di quelle in discussione.

L’OBIETTIVO

Naturalmente toccherà poi alla prossima legge di Bilancio trovare le risorse finanziare per confermare il taglio anche nel 2024 ed eventualmente negli anni successivi. L’obiettivo di fine legislatura inserito nel programma di governo prevede una riduzione di almeno cinque punti degli oneri contributivi per la totalità dei lavoratori.

Ultimo aggiornamento: 10:43 © RIPRODUZIONE RISERVATA