Sta diventando caro, anzi carissimo, l’anticipo bancario della liquidazione per i dipendenti pubblici.
Per molti dipendenti statali si tratta di un paradosso. Lo Stato da anni versa la liquidazione a coloro che vanno in pensione con un ritardo tra i due e i cinque anni. E in più paga a rate. Si tratta di una serie di misure che erano state introdotte durante la crisi dello spread del decennio scorso per “salvare” i conti pubblici.Il pagamento ritardato della liquidazione è finito per due volte davanti alla Corte Costituzionale. Nella prima sentenza del 2019, i giudici avevano stabilito che il differimento era legittimo nel caso dei “prepensionati”. Per un dipendente pubblico uscito dal lavoro con Quota 100, avevano detto i giudici, pagare in ritardo poteva essere considerato in linea con la Costituzione. Però in quella stessa sentenza la Consulta aveva avvertito che se in futuro fosse arrivato il ricorso di uno statale andato in pensione di vecchiaia a 67 anni, la decisione sarebbe stata probabilmente diversa. Per questo aveva “invitato” il Parlamento a legiferare. Ma da allora nulla si è mosso. Così il caso è finito di nuovo davanti ai giudici supremi e, questa volta, a fare ricorso è stato un dipendente pubblico andato in pensione di vecchiaia.
IL PASSAGGIO
L’udienza pubblica della Corte Costituzionale su questo caso c’è stata il 9 maggio scorso. Ma a un mese da quella data ancora nulla è stato deciso. Il tema è delicato anche per i conti pubblici. L’Inps, durante l’udienza pubblica, ha spiegato che pagare in tempo la liquidazione ai dipendenti pubblici avrebbe un costo iniziale per le casse dello Stato di 14 miliardi. L’avvocatura dello Stato ha posto la questione della sostenibilità del bilancio dell’Inps. Ma pochi giorni dopo, il presidente uscente dell’Istituto, Pasquale Tridico, ha capovolto questa tesi. L’Inps, ha spiegato, ha chiuso i conti con un patrimonio di 23 miliardi e un avanzo di 7 miliardi, avendo dunque, piena capienza per pagare il Tfs agli statali.
L’altra questione riguarda, in un periodo di forte inflazione, la rivalutazione delle somme della liquidazione trattenute dall’Inps. Oggi non viene riconosciuto nessun interesse sul pagamento ritardato. Si tratta insomma, di un finanziamento a “tasso zero” per lo Stato a carico dei dipendenti pubblici.Un vantaggio, almeno per le casse dello Stato, enorme. Proprio ieri il Tesoro ha chiuso il collocamento del Btp Valore con un tasso crescente che arriva al 4 per cento. Uno svantaggio invece, per i dipendenti pubblici che devono farsi anticipare i soldi dalle banche pagando più del 4 per cento di interesse. E anche perdendo l’opportunità eventualmente di investire i loro risparmi derivanti dalla liquidazione in titoli di Stato a un tasso vantaggioso.
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