Concorsi pubblici in 6 mesi, approvata la riforma. Smart working, si tratta per una mini proroga (fino al 30 settembre)

Smart working, si valuta di allungare il termine per i fragili fino al 30 settembre

Mercoledì 7 Giugno 2023 di Andrea Bassi
Assunzioni pubbliche, approvata la riforma: concorsi in 6 mesi. Zangrillo: «Pronti 170 mila posti»

Con una doppia mossa il governo riforma in profondità i concorsi pubblici.

Le procedure dovranno chiudersi tassativamente entro 6 mesi dalla scadenza del termine per la presentazione della domanda. La pubblicazione dei bandi e la presentazione candidature, poi, potranno avvenire solo on line, attraverso il portale InPa della Pubblica amministrazione. Ma andiamo con ordine. Il consiglio dei ministri ha approvato definitivamente le modifiche al Dpr 487 del 1994 che disciplina le selezioni per l’assunzione nelle amministrazioni statali. Inoltre, la Camera ha approvato il disegno di legge per il «rafforzamento» della capacità amministrativa, al cui interno sono contenute una serie di norme sui concorsi pubblici. 

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LA COMBINAZIONE

La combinazione di questi due provvedimenti, tra l’altro previsti tra le riforme per il Pnrr da concludere entro la fine di giugno, hanno di fatto riscritto tutta la normativa sulle assunzioni nel pubblico impiego. «Con il provvedimento – ha affermato il ministro Paolo Zangrillo – tracciamo la strada per un nuovo modo di selezionare il personale pubblico, imprimendo una decisiva accelerazione ai tempi di conclusione delle procedure e puntando su digitalizzazione e trasparenza. Un intervento», ha aggiunto il ministro, «che ci permette di affrontare le oltre 170 mila assunzione previste per il 2023 con maggiore forza, fiducia». 
Il Dpr prevede, come detto, l’obbligo per le amministrazioni di pubblicare i bandi di concorso sul portale Inpa. Una pubblicazione che sostituisce quella nella Gazzetta Ufficiale. Chi vorrà partecipare alle selezioni, dovrà registrarsi sul portale e, al momento della registrazione, compilare il curriculum vitae. A quel punto non dovrà fare altro che attendere la convocazione per le prove d’esame. Ma anche qui c’è una novità. Quest’ultima contenuta invece nel decreto sulla capacità amministrativa approvato ieri alla Camera.Per tre anni, fino al 2026, le amministrazioni che mettono a bando posti pubblici, potranno decidere di non effettuare la prova orale. Una scelta che nelle intenzioni, dovrebbe servire ad accelerare le assunzioni per il Pnrr. E sempre a proposito del Piano nazionale di ripresa e resilienza, tra i titoli che daranno diritto ad una corsia preferenziale nei concorsi, ci sarà anche l’aver svolto il servizio nell’Ufficio per il processo. Si tratta dei laureati in giurisprudenza assunti a tempo determinato per aiutare i magistrati a ridurre l’arretrato della giustizia. 

LA RISERVA

Una “riserva” di posti nei bandi, poi, viene assicurata ai volontari che hanno svolto il servizio civile. E viene inoltre stabilito un limite massimo del 20% agli idonei per ciascun bando di concorso. Con un’altra norma infine, viene introdotto il principio dei concorsi «territoriali». I bandi unici potranno essere organizzati su base regionale. In questi casi le regole della selezione dovranno prevedere che ciascun candidato possa presentare domanda di partecipazione per non più di uno dei profili oggetto del bando stesso e per non più di un ambito territoriale. 

Lo scopo di questa norma è abbastanza chiaro. Fare in modo di riequilibrare le assunzioni tra le varie aree del Paese. Nel Dpr approvato ieri, inoltre, viene rafforzata una norma che già oggi esiste e che permette di assumere senza concorso, ma pescando dalle liste di collocamento, nel caso in cui il posto da coprire richieda il solo possesso della scuola dell’obbligo. Si tratta dei profili più bassi del pubblico impiego, come per esempio gli uscieri. Una categoria che sta tuttavia diventando sempre più residuale. La norma, comunque, permetterebbe di assumere anche gli ex percettori del Reddito di cittadinanza che oggi si chiama “assegno per l’inclusione”. E a proposito di questo, ieri è arrivata una modifica all’offerta di lavoro “congrua”, quella cioè che i percettori dell’assegno non possono rifiutare. 

IL PASSAGGIO

Con un emendamento al decreto lavoro firmato da Elisa Pirro del M5S, è stato previsto che per chi ha figli under 14 la proposta si considera “congrua” se la distanza dal luogo di residenza non supera gli 80 chilometri o è raggiungibile in 100 minuti con i mezzi pubblici. Sempre nello stesso provvedimento, è stato approvato l’innalzamento dello sgravio fiscale per i contributi versati a colf e badanti fino a 3 mila euro. Mentre è rimasto per ora accantonato il tema dello smart working, in attesa che il governo dia il parere. Fino a ieri si era ancora alla ricerca di una copertura finanziaria. Sul tavolo restano due ipotesi: la prima è quella di prorogare fino a fine anno il lavoro agile solo per i soggetti fragili e non per coloro che hanno figli under 14 (costo 30 milioni di euro), oppure di limitare la proroga solo fino al 30 settembre (costo 15 milioni), come prevede un emendamento della maggioranza. 

Sul tema ieri è intervenuto anche il presidente dell’Aran Antonio Naddeo. «È comprensibile che, per il lavoro da remoto», ha spiegato Naddeo, «all’inizio si siano adottate norme che favoriscono alcune categorie, come i lavoratori fragili o i genitori con figli minori di 14 anni, è ora il momento di superare tali interventi normativi». 

Ultimo aggiornamento: 8 Giugno, 14:36 © RIPRODUZIONE RISERVATA