Ravvedimento operoso 2024: ridotte le sanzioni tributarie e niente processo per chi paga. Ecco come funziona

Il meccanismo permette di regolarizzare la propria posizione con il Fisco (prima però di aver ricevuto un formale atto di accertamento) pagando sanzioni ridotte fino ad un decimo

Mercoledì 21 Febbraio 2024 di A. Bas.
Nuovo ravvedimento operoso: ridotte le sanzioni tributarie e niente processo per chi paga

La fumata bianca potrebbe esserci nel consiglio dei ministri di oggi. Sul tavolo c’è il nono decreto attuativo della delega fiscale firmata dal vice ministro per l’economia Maurizio Leo. Un provvedimento che cambierà da cima a fondo il sistema delle sanzioni tributarie, sia dal punto di vista della quantificazione che da quello delle pene inflitte agli evasori. Ma rivedrà e rafforzerà anche un meccanismo ben conosciuto dai contribuenti italiani: quello del ravvedimento operoso. Il meccanismo cioè, che permette di regolarizzare la propria posizione con il Fisco (prima però di aver ricevuto un formale atto di accertamento), pagando sanzioni ridotte fino ad un decimo.

Il decreto ricalibrerà la riduzione delle percentuali per evitare, aveva spiegato Leo, che con il ravvedimento si possa arrivare «un ammontare di sanzioni assolutamente risibili». Insomma, l’intenzione del governo è evitare che i contribuenti possano ritardare il pagamento delle imposte usando lo Stato come una banca per finanziarsi.

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Il taglio

Le sanzioni comunque saranno ridotte nei loro importi massimi. Leo ha più volte ricordato che l’Italia è «assolutamente fuori linea rispetto agli altri paesi dell’Unione europea che applicano meccanismi sanzionatori e non eccedono il 60 per cento». Il sistema fiscale italiano prevede penalità molto alte per chi non versa le tasse. Omettere di dichiarare i redditi, comporta una sanzione che oscilla tra il 120 e il 240 per cento. Non solo. Chi non versa il dovuto rischia, oltre a dover pagare un’imposta triplicata, anche un procedimento penale che corre su un binario parallelo a quello del giudizio tributario.

Come funziona

Oggi fare pace con il Fisco non necessariamente comporta l’archiviazione anche del giudizio penale. Dunque uno degli obiettivi della riforma che sarà discussa oggi in consiglio dei ministri, è di evitare il “bis in idem”, ossia che un contribuente sia chiamato a dover rispondere due volte per uno stesso comportamento. In particolare si punta ad una depenalizzazione della cosiddetta “evasione di necessità”, quella che si ha quando le tasse vengono regolarmente dichiarate, ma poi il contribuente non riesce a versare gli importi per cause non dipendenti dalla sua volontà. A maggior ragione se ha utilizzato i soldi per pagare fornitori e dipendenti e, magari, ha anche all’attivo dei crediti non saldati dalla pubblica amministrazione.

Il meccanismo

In questo caso dovrebbe rimanere la sanzione amministrativa, ma dovrebbe invece venir meno quella penale. Così come il procedimento dovrebbe essere archiviato nel caso in cui un contribuente che si è sempre comportato in modo onesto con il Fisco, ha omesso una dichiarazione o un versamento, ma poi si è messo in regola pagando, magari anche a rate, il dovuto. Un altro punto che il decreto proverà a chiarire, è la differenza tra crediti inesistenti e non spettanti. Una distinzione molto importante anche per i bonus edilizi ma, in generale, per tutti i crediti di imposta.

Le sanzioni

Oggi l’Agenzia delle Entrate tende a considerare tutti i crediti contestati come “inesistenti”. Classificarli in questo modo consente al Fisco di poter accertare anche periodi molto vecchi nel tempo, fino a otto anni, mentre per i crediti “non spettanti” l’azione di estingue dopo cinque anni. Ma cambiano anche le sanzioni, sia amministrative che penali. Quelle dei crediti inesistenti sono molto più pesanti. L’intenzione è di chiarire bene quando un credito può essere qualificato come “inesistente” e quando invece va considerato più semplicemente “non spettante”. 

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