ROMA - Commercianti in rivolta per le commissioni considerate esagerate sui buoni pasto. Se non ci sarà una riforma radicale del sistema di erogazione dei ticket, le imprese della distribuzione commerciale e della ristorazione potrebbero smettere di accettarli. Un danno enorme per circa 3 milioni di lavoratori pubblici e privati che utilizzano quotidianamente questo strumento per assicurarsi il pasto. A lanciare l'ultimo grido di allarme sono le principali associazioni dei settori interessati, Ancd Conad, Ancc Coop, Fiepet, Confesercenti, Federdistribuzione, Fida e Fipe Confcommercio, che vogliono «accendere un riflettore sulla degenerazione del sistema dei buoni pasto», alla vigilia della maxi asta che verrà indetta dalla Pubblica amministrazione.
Nel 2019 sono stati emessi 500 milioni di buoni pasto per un valore complessivo di 3,2 miliardi di euro. Il tavolo unitario tra le associazioni di categoria chiede con urgenza «che la prossima gara Consip consenta di ridurre le commissioni a nostro carico che sono a livelli inaccettabili». Per ciascun buono da 8 euro il bar, il negozio alimentare, il bar o il supermercato ne incassa poco più di 6. Per le aziende si tratta di una tassa occulta del 20%, denunciano i comercianti. E aggiungono: «Una volta scalati gli oneri di gestione e quelli finanziari si registra un deprezzamento del 30%: ogni 10mila euro di buoni incassati, gli esercizi convenzionati perdono circa 3mila euro».
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