Autostrade, il braccio di ferro continua. «Revoca inevitabile se non cambiano le condizioni»

Giovedì 1 Ottobre 2020 di Roberta Amoruso
Autostrade, il braccio di ferro continua. «Revoca inevitabile se non cambiano le condizioni»

Lo scontro si accende e il governo insiste: è Atlantia-Aspi a non aver rispettato gli impegni. Dunque, se non cambiano le condizioni, scatterà inevitabilmente la revoca per la concessione di Autostrade per l'Italia. È questo il senso della nuova lettera inviata ieri sera dall'esecutivo al gruppo controllato dalla famiglia Benetton, dopo l'ultimatum scaduto ieri. Di fatto l'esecutivo rivendica senza nascondere una certa «irritazione» gli impegni presi da Atlantia il 14 luglio e rispedisce al mittente le accuse della holding sul mancato rispetto delle intese raggiunte fino ai primi giorni di settembre con il Mit e con Cdp e sugli ostacoli posti alla vendita di mercato di Aspi. Sarà dunque un Consiglio dei Ministri entro 10 giorni, verosimilmente la prossima settimana, a rimettere sul tavolo il dossier.

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È l'ennesimo atto del braccio di ferro scattato il 2 settembre scorso dopo che il Ministero delle Infrastrutture ha fatto sapere di voler condizionare il via libera all'atto transattivo, che definisce i termini della nuova convenzione, a partire dalle tariffe, e la chiusura della procedura di revoca, alla vendita della partecipazione di Aspi a Cdp. Una condizione inaccettabile per Atlantia che rivendica la scelta di seguire una procedura «di mercato, trasparente e competitiva» per la vendita della partecipazione: asta competitiva per l'88% di Aspi, in alternativa alla scissione con conferimento del 55% e del 33% nel capitale di Aspi(quest'ultimo da vendere poi a Cdp o a terzi) nella newco Acc da quotare in Borsa. Allo stesso modo risulta inaccettabile per Atlantia anche che l'efficacia dell'accordo con Cdp sia condizionato, nelle richieste della Cassa, all'impegno da parte di Edizione di vendere la sua partecipazione nello stesso giorno della quotazione di Acc, o nei giorni immediatamente successivi.

È questo uno dei quattro punti caldi al centro della trattativa con Cdp. Sul fronte della manleva chiesta dalla Cassa per gli eventuali danni indiretti derivanti dal crollo del ponte Morandi che dovessero arrivare nel tempo, c'è invece sul tavolo l'ipotesi di uno sconto sul prezzo, una via non gradita alla Cassa. Di qui l'opzione di emettere un warrant per proteggere gli azionisti dagli effetti di un procedimento penale, già utilizzato da Atlantia nella fusione con Gemina nel 2013. Una proposta questa volta esclusa dalla holding dei Benetton, che definisce «irrealistico e strumentale» il confronto con l'operazione Gemina. Altro punto è l'eventuale trasferimento di una parte del debito di Atlantia da 5,5 miliardi ad Aspi. Un altro fronte di disaccordo, visto che la Cassa sembra preferire il trasferimento di 1,8 miliardi di bond, piuttosto del debito bancario. Infine c'è il nodo del prezzo, tutto ancora da definire, in un accordo che, puntualizzano fonti vicine a Cdp, non c'è mai stato.

Intanto, nonostante il doppio strappo con la Cassa e con il Mit, il gruppo Atlantia spera ancora nel compromesso che scongiuri la revoca.

Dopo l'accettazione da parte di Aspi di un atto transattivo «che ha comportato anche dei sacrifici» sul piano della convenzione, tra tariffe e compensazioni, «confidiamo nell'equilibrio del premier Conte», ha detto ieri il presidente di Atlantia, Fabio Cerchiai nel corso di un press briefing con alcuni giornali tra cui il Messaggero. Anche perché «consideriamo il premier un riferimento di garanzia per tutti». Nei prossimi giorni, ha poi aggiunto, «ci auguriamo si pervenga alla sottoscrizione dell'atto transattivo, che sia possibile portare avanti la dismissione di Aspi anche con Cdp, e che si eviti un lungo contenzioso nell'interesse di nessuno». Dopo la doppia lettera di Atlantia e Aspi, che chiede al governo di archiviare l'atto transattivo sulla convenzione, senza condizionarlo alla vendita di Aspi, ieri il premier ha riunito il ministro Roberto Gualtieri, la ministra Paola De Micheli e i capi di gabinetto e ha dettato la sua linea. Ma è difficile che si arrivi a un'accelerazione sulla revoca capace di far scattare un default da circa 17 miliardi.

Ultimo aggiornamento: 13:15 © RIPRODUZIONE RISERVATA