Superbonus 110% verso i 100 miliardi di euro. Così è nata la bolla

La misura concepita ai tempi dell’emergenza Covid per rilanciare l’economia si è trasformata in una bomba per i conti pubblici. Proroghe a catena e previsioni di spesa sbagliate alla base del pasticcio

Mercoledì 4 Ottobre 2023 di Luca Cifoni
Superbonus 110% verso i 100 miliardi di euro. Così è nata la bolla

L'ultima revisione vale più di 20 miliardi: come indicato dal governo nella recente Nota di aggiornamento al documento di economia e finanza (Nadef) il deficit pubblico del 2023 si appesantirà perché il monitoraggio del superbonus 110 per cento ha fotografato una maggior spesa pari all’1,1 per cento del Pil.

Ma è ancora più istruttivo guardare al costo complessivo per lo Stato, nel corso degli anni, della generosissima agevolazione edilizia, concepita per le opere di riqualificazione energetica e di prevenzione sismica: dai 36,6 miliardi stimati inizialmente si viaggia ormai verso quota 100, con un onere quasi triplicato che condizionerà il bilancio dello Stato ancora per molto tempo. Come si è arrivati a questo punto? Per provare a capire è utile ricordare che la misura vede la luce nel maggio 2020 nell’ambito del decreto Rilancio, in piena crisi Covid.

L’idea è dare una spinta all’economia in un’emergenza senza precedenti, puntando sul settore delle costruzioni. Proprio in questa fase oggettivamente complicatissima si consuma un primo errore di valutazione, segnalato non moltissimo tempo dopo dall’Ufficio parlamentare di Bilancio (Upb): le relazioni tecniche con le stime sulla spesa sono tarate su quella relativa ai precedenti bonus edilizi e trascurano il semplice fatto che si tratti di una misura completamente nuova e potenzialmente dirompente.

IL PERCORSO

In ogni caso il periodo di applicazione previsto è un anno e mezzo. Ma abbastanza presto partono le richieste di proroga, con due motivazioni: la difficoltà di avviare le (non semplici) procedure nelle settimane dell’emergenza sanitaria e la necessità di fornire maggiori certezze a chi deve avviare investimenti. Così già la legge di Bilancio del 2021 sposta il traguardo sei mesi più avanti, a fine giugno 2022, intervenendo anche sulle modalità di applicazione. Nei mesi immediatamente successivi un’altra importante novità: il superbonus sale sul treno del Pnrr, alla voce “Efficienza energetica e riqualificazione degli edifici”, con un finanziamento di 18,5 miliardi tra fondi europei in senso stretto e Piano nazionale complementare. In tutto ciò, nessuno sembra fare particolarmente caso ad alcune caratteristiche dell’agevolazione che la rendono decisamente diversa dagli altri bonus offerti ai contribuenti. La prima è proprio quell’inusitata percentuale del 110; che da una parte allarga la platea degli interessati, dall’altra fa saltare qualsiasi conflitto di interessi tra chi commissiona i lavori e chi li esegue, con conseguente incremento dei prezzi (tanto paga tutto lo Stato). Come in un circolo vizioso, il successo del superbonus rafforza la domanda di interventi di questo tipo, favorendo l’afflusso sul mercato di imprese non particolarmente qualificate e spingendo ancora più in alto i costi (in un periodo in cui alcuni materiali tendono a rincarare per conto loro, a causa di shock esterni). Infine, c’è lo sconto in fattura, forse il fattore più esplosivo, che pure è stato concepito con la motivazione di coinvolgere i soggetti economicamente più deboli: invece di aspettare di incassare la detrazione fiscale negli anni successivi si può cedere il credito alla ditta (o anche ad altri soggetti). Ma il meccanismo è destinato ad incepparsi, perché costituisce un humus naturale per le truffe e comunque, una volta andato fuori controllo, si scontra con i limiti di capienza del sistema bancario che dovrebbe assorbire la massa dei crediti.

LO SNODO

Lo spartiacque è l’autunno del 2021, anche se probabilmente in quel momento non tutti lo percepiscono. In ottobre, il ministero dell’Economia lavora ancora a un provvedimento amministrativo per la completa liberalizzazione della cessione dei crediti, che per un soffio non entra in vigore; una manciata di settimane dopo è il direttore dell’Agenzia delle Entrate Ernesto Maria Ruffini a lanciare l’allarme, segnalando pubblicamente frodi per centinaia di milioni basate proprio su crediti inesistenti. Ma l’idea diffusa nei palazzi della politica (e abbastanza trasversalmente tra i partiti) è che il problema sia solo quello di contrastare i furbetti: viene approvato un decreto legge che inasprisce i controlli, limitando la catena delle cessioni. La legge di Bilancio per l’anno successivo introduce comunque una nuova proroga che per i condomini arriva addirittura al 2025, pur se con un taglio dell’agevolazione nell’ultimo biennio. Per qualche mese, l’attenzione è ancora sulle truffe: bisogna aspettare l’inizio di maggio per ascoltare dall’allora presidente del Consiglio Mario Draghi – nel corso di un intervento al Parlamento europeo – una critica ben più radicale dello strumento, che riprende alcuni degli argomenti usati vari mesi prima dall’Upb. Da allora si susseguono gli interventi legislativi, portati avanti anche dal nuovo governo Meloni nel frattempo insediatosi. A fine novembre viene imposto una stop alle delibere sui lavori: chi arriva dopo si dovrà accontentare di una detrazione non piena. La corsa insomma è a chiudere la stalla, ma ormai tutti si rendono conto che i buoi, o meglio i miliardi di soldi pubblici, sono scappati.

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Ultimo aggiornamento: 5 Ottobre, 06:00 © RIPRODUZIONE RISERVATA